lunedì 16 agosto 2010

La Giunta Orsoni, le sue promesse, la sua identità, il suo futuro


Alle scorse elezioni amministrative veneziane l’avevamo denunciato a chiare lettere; non vi erano grosse differenze di programma tra le due principali compagini politiche che si presentavano alla competizione per eleggere sindaco, consiglio comunale e giunta.
Dopo circa cinque mesi, infatti, tutto procede da copione col ritorno del “trombato” plenipotenziario di nomina governativa Brunetta a gestire, di concerto con Orsoni, l’amministrazione di una città, Venezia, sempre più chiusa per i propri cittadini e oltremodo sempre più esposta al business speculativo turistico, espositivo e commerciale.
La scelta tutta populistica di iniziare il corso della nuova giunta a Porto Marghera cosa ha portato concretamente agli operai del petrolchimico? Dove sono tutti i programmi di recupero della chimica? Qual è il ruolo effettivo del Comune in tutte le tragiche vicende di dismissione degli impianti seguiti via via negli anni? E le destinazione d’uso delle aree? Perché non sono state mantenute a scopo industriale? Come mai si tace e si concedono, al contrario, la banchine al miglior offerente? Di questi giorni risalta la situazione (ultima solo in ordine di tempo) dei lavoratori di Vinyls sempre più presi in giro soprattutto dall’ex-sindaco di Venezia Paolo Costa, che, con abile strategia e noncurante dei disastri provocati da un’economia produttiva locale sempre più orientata a chiusure e licenziamenti, lancia il progetto Venice Newport; un megabusiness legato alla costruzione di un gigantesco terminal merci da istallare appena fuori dalla laguna. Tale operazione si baserà sul meccanismo del proyect financing (finanza di progetto) di cui 195 milioni di euro saranno racimolati da fonti private ed il resto (55 ml) saranno più o meno spese pubbliche. Un simile investimento la dice lunga sul reale impatto che tale operazione avrà per tutto il resto delle imprese che ancora riescono a sopravvivere nella nostra area industriale.
Tanto per restare in tema è da sottolineare l’assoluta e tranquilla omogeneità con cui l’amministrazione precedente ha passato il “testimone “ a quella attuale; senza alcuna soluzione di continuità si gestiscono tutte le principali operazioni di vendita/svendita di pezzi importanti della città, del suo tessuto sociale e della sua Storia. Addirittura la Corte dei Conti ha posto in rilievo il bilancio amministrativo passato evidenziando certi metodi eccessivamente “allegri” con cui si sono condotte certe operazioni (Ospedale al mare, ex-Pilsen, costruzione del tram) e desta preoccupazione anche il futuro delle restanti isole della laguna sulle quali, ancora fortunatamente, non gravano progetti di costruzione di moli, banchine o darsene da diporto per yacth o altre imbarcazioni. Dietro alla demagogia del “recupero” ambientale di tali tesori naturali, infatti, si nascondono colate di cemento e cubature edilizie speculative ad uso e consumo di un turismo indegno ed irresponsabile. Tutto questo come giova agli abitanti?
Stona davvero notare,inoltre, che,chi si è opposto allo scempio del Mose (quasi 5 miliardi di euro) ora si ritrova favorevole a quell’altro abominio targato sub-lagunare. Da una parte si denunciava l’irreversibilità del progetto e la sua totale invadenza nel contesto morfologico lagunare, da un’altra si loda ,ora, la bontà di un traforo vero e proprio sotto la laguna con tanto di stazioncine affioranti dai punti principali della città, fino al Lido. Quel Lido oramai ridotto a terra di conquista ed oltraggiato da gruppi d’affari talmente arroganti da sentirsi padroni di spacciare operazioni di pirateria finanziaria come progetti “utili” per il rilancio dell’isola. Sembra che anche Pellestrina il prossimo anno avrà il suo camping e tutto risplenderà sotto il sole delle opportunità di “sviluppo” di quest’altra meravigliosa isola. Intanto i servizi sanitari (e non solo) sembrano sempre più un miraggio e tutti i fondi finanziari rimasti a disposizione sono convogliati verso la costruzione del nuovo Palacinema (altra nota dolentissima).
Nella breve disamina socio-economica del territorio risulta doveroso sottolineare la condizione degli operatori del ramo culturale. Oltre alla vera e propria vergogna della mancata riassunzione dei 52 lavoratori della portinerie di Cà Foscari su cui, a parte qualche miserrimo ordine del giorno, l’amministrazione comunale se ne sta lavando letteralmente le mani, si evidenzia, in questo periodo, la vicenda degli operatori della Biennale di Venezia; quest’anno da 112 passeranno a 60 (87 per la Vernice) attraverso un vero e proprio ricatto esercitato da Biennale (di cui, è utile ricordarlo, Orsoni come sindaco è vicepresidente) e con una compiacenza sindacale a dir poco sospetta. Quasi tutti i servizi del comparto culturale a Venezia sono affidati, in regime di monopolio, a pochissime imprese (cooperative) molto attive nei diversi spazi espositivi (Musei Civici, Biennale, Cinema comunali ecc) ed il trattamento generale per le diverse figure operanti nel settore è davvero preoccupante.
Venezia sarà capitale mondiale della cultura nel 2019; lo sarà per alcuni, per quelli che concorrono a trasformare definitivamente questo territorio in un immenso “parco giochi” per miliardari diportisti e finanzieri d’arrembaggio. Un po’ meno per tutte le migliaia di precari, cassintegrati, licenziati, pensionati ed ipersfruttati che ancora riescono a “sopravvivere” nella città più “ bella del mondo”.
Questo il quadro che si presenta sommariamente sul territorio, in cui la presunta “sinistra radicale” riesce addirittura ad esprimere un mezzo assessore (delega al lavoro) e gestisce, con buon spirito “ambientalista” tutte le principali operazioni di “ammodernamento” della città.
Il divario sociale cresce, si moltiplica e preoccupa. Serve un altro sistema di governo, di leggi e di potere. Un sistema basato sui bisogni della gente e non sul profitto di imprese e finanziarie monopolistiche che rispondono sempre al nome dei soliti noti e che impoveriscono persone e cose.

Enrico Pellegrini
Partito Comunista dei Lavoratori