OCCUPARE LE AZIENDE CHE LICENZIANO
BATTERSI PER LA LORO
NAZIONALIZZAZIONE,
SENZA INDENNIZZO E SOTTO CONTROLLO OPERAIO
VOLANTINO
DISTRIBUITO OGGI A ROMA ALLA MANIFESTAZIONE NAZIONALE PER LE FABBRICHE IN CRISI
INDETTA DALLA CGIL
(20 Ottobre 2012)
E' necessaria una svolta unitaria e radicale di lotta sul fronte delle
fabbriche in crisi.
Fiat, Alcoa, Alitalia..L'Italia è percorsa in questi anni di crisi
capitalista da una miriade di vertenze a difesa del lavoro. Ovunque padroni che
hanno incassato per anni o decenni fior di soldi pubblici dallo Stato e dalle
amministrazioni locali, buttano sulla strada i propri dipendenti, mentre il
(loro) governo taglia gli ammortizzatori sociali.. per pagare gli interessi sul
debito alle banche.
E' intollerabile.
Purtroppo non esiste ad oggi una risposta adeguata a questo livello
drammatico di scontro. Anzi, proprio la complicità o la remissività sindacale
ha favorito l'assalto padronale. CISL e UIL si sono asservite a Marchionne.
I vertici della CGIL si distinguono sul piano della “critica” e della “denuncia”, ma sono preoccupati di evitare una mobilitazione sociale reale che possa spiazzare Bersani, sostenitore di Monti, come si è visto sulle pensioni e sull'art. 18: col risultato di contribuire, dietro il paravento di iniziative di facciata, all'isolamento e alla sconfitta delle lotte di resistenza. La stessa direzione della FIOM, che pur ha contestato l'aggressione dei padroni e del governo, ha scelto di evitare l'unificazione e la radicalizzazione dello scontro di fabbrica: a partire da quella mancata occupazione di Fiat Termini Imerese che, due anni fa, ha dato di fatto il lasciapassare all'attacco generale di Marchionne, stabilimento per stabilimento, con una sconfitta pesante per i lavoratori e per la stessa FIOM. E non solo alla Fiat.
I vertici della CGIL si distinguono sul piano della “critica” e della “denuncia”, ma sono preoccupati di evitare una mobilitazione sociale reale che possa spiazzare Bersani, sostenitore di Monti, come si è visto sulle pensioni e sull'art. 18: col risultato di contribuire, dietro il paravento di iniziative di facciata, all'isolamento e alla sconfitta delle lotte di resistenza. La stessa direzione della FIOM, che pur ha contestato l'aggressione dei padroni e del governo, ha scelto di evitare l'unificazione e la radicalizzazione dello scontro di fabbrica: a partire da quella mancata occupazione di Fiat Termini Imerese che, due anni fa, ha dato di fatto il lasciapassare all'attacco generale di Marchionne, stabilimento per stabilimento, con una sconfitta pesante per i lavoratori e per la stessa FIOM. E non solo alla Fiat.
La verità è che una resistenza in ordine sparso, fabbrica per fabbrica,
moltiplica le sconfitte. E' necessaria una svolta unificante. Una svolta che
unifichi tutte le lotte di resistenza a livello aziendale, attorno a una comune
forma di lotta e a comuni rivendicazioni. Solo opponendo alla forza e all'unità
del fronte padronale una forza unitaria uguale e contraria è possibile
ribaltare la situazione e aprire uno scenario nuovo.
Va avanzata la parola d'ordine della occupazione operaia di tutte le
aziende che licenziano e colpiscono i diritti sindacali. Coordinando
nazionalmente il movimento di occupazione. Organizzando a suo sostegno una
cassa nazionale di resistenza.
Va rivendicata la nazionalizzazione di queste aziende, senza indennizzo e
sotto il controllo dei lavoratori: se i padroni licenziano gli operai e li
espropriano dei propri diritti, gli operai hanno il diritto di battersi per
l'esproprio dei padroni.
Va rivendicata la riduzione generalizzata dell'orario di lavoro a parità di
paga, per la ripartizione del lavoro tra tutti, in modo che nessuno ne sia
privato. Perchè la crisi del capitale non può essere scaricata sul lavoro, ma
va fatta pagare ai capitalisti salvando il lavoro.
Sono obiettivi e proposte “radicali”? Sì, quanto radicale è l'aggressione
dei padroni e del loro governo. Solo se il movimento operaio si pone allo
stesso livello della radicalità dei padroni si può riaprire la partita.
L'alternativa è una retrocessione senza fine.
Ma questa svolta di lotta e di obiettivi richiede una svolta generale di
programma del movimento operaio, su un terreno apertamente anticapitalistico e
rivoluzionario. Il capitalismo è fallito. Il riformismo anche. Solo un governo
dei lavoratori che rovesci la dittatura degli industriali e dei banchieri, può
salvare il lavoro e la sua dignità. Ricondurre ogni lotta a questa prospettiva
di liberazione è la ragione fondante del Partito Comunista dei Lavoratori.
PARTITO COMUNISTA DEI
LAVORATORI