domenica 24 marzo 2013

RICCI ATTACCA IL PCL PER NASCONDERE
IL FALLIMENTO DEL PDAC

Noi che abbiamo conosciuto il Pdac e verificato la sua essenza settaria
In un recente articolo pubblicato il 14 ottobre 2012 sul sito del Pdac, F. Ricci, leader assieme a F. Stefanoni del piccolo gruppo settario, utilizza per sferrare un attacco al PCL gli articoli pubblicati sul sito www.paginerosse.altevista.org (un sito populista/giustizialista, come è possibile verificare accedendo alle prime pagine, che esprime una sostanziale subalternità alla cultura politica della sinistra riformista).
Un attacco quello di Ricci, come è nel suo costume, all’insegna degli insulti e delle calunnie, una modalità di relazione che il Ricci persegue in forma ossessiva. L’obiettivo evidente è quello di cercare di nascondere il fallimento della costruzione del Pdac e l’approfondimento della deriva settaria e autocentrata del gruppo.
Il Pdac è assolutamente incapace di operare un’azione egemonica leninista nella classe lavoratrice e nelle sue organizzazioni di massa. Proprio per questo il Ricci cerca di illudere i suoi seguaci che almeno loro sono gli autentici custodi dell’ortodossia, nella speranza di attirare qualche altro fedele alle sue costruzioni ideologiche. Per questa operazione è necessario, come in tutte le sette religiose, non solo il controllo ferreo della vita degli aderenti e la loro soggezione, ma anche la scomunica della presunta organizzazione eretica, rappresentata nell’immaginario di Ricci dal PCL, con l’accusa infamante di menscevismo, scomodando per questo Martov e Akselrod. Ma come qualsiasi compagno/a può verificare con il marxismo rivoluzionario del PCL questi ultimi non c’entrano assolutamente nulla, essendo altri i riferimenti teorici -da Marx ad Engels, da Lenin a Trotsky- del Partito Comunista dei Lavoratori. Un’operazione di mistificazione quella di Ricci evidentemente funzionale a costruire contro Ferrando, il PCL e i suoi militanti una spirale di insulti e menzogne: federalismo, leaderismo, carrierismo, elettoralismo. Ultima in ordine di tempo quella davvero incredibile di mafiosità.

L’organizzazione e la vita interna del Pdac
Il Ricci nell’articolo sopra richiamato cerca di dimostrare che il suo gruppo si richiama alla concezione leninista del Partito, ma l’organizzazione e la vita interna del Pdac sono tutt’altro che paragonabili a una vera organizzazione leninista e trotskista. Il Pdac è soltanto una caricatura del trotskismo.
Dopo la separazione dall’AMR Progetto Comunista nel 2006, il gruppo di Ricci che allora si chiamava Pc Rol ha sviluppato una modalità organizzativa, di controllo interno e di comunicazione esterna che è estranea alla tradizione del Partito bolscevico di Lenin e di Trotsky. Il Ricci ha sviluppato nel tempo una concezione dell’organizzazione che combina verticalizzazione e cultura del sospetto. Questa concezione si è materializzata nel gruppo da lui diretto.
La struttura organizzativa, prima del PC Rol e poi del Pdac, assume ben presto i caratteri della verticalizzazione amministrativa disciplinare, centrata attorno al responsabile del Dipartimento organizzazione. Questo non solo si arroga il diritto di modificare senza avvisare l’autore degli articoli che vengono pubblicati nel giornale e nel sito web, ma in effetti controlla tutti i dipartimenti, il tesoriere, il giornale, il sito web, le newsletter, i costruttori macro regionali e i responsabili organizzativi delle sezioni verso cui impartisce disposizioni e riceve relazioni periodiche. Inoltre tutti i tesserati devono sottostare alla sua personale verifica e approvazione, anche nel caso di una, del tutto ipotetica, crescita esponenziale del gruppo. Infatti spetta al responsabile del dipartimento organizzazione del Pdac, e quindi a Ricci, verificare personalmente uno per uno le iscrizioni, stabilendo chi confermare, accettare o escludere. E’ del tutto evidente che questo allucinante apparato di controllo è possibile solo in una piccola setta di qualche decina di iscritti in tutto il Paese.
Nel tempo, uno dopo l’altro, diversi compagni eletti nel Comitato centrale o nel Consiglio nazionale del Pdac a seguito di qualche rilievo critico venivano ammoniti e se non si piegavano espulsi con l’accusa di avere costituito una frazione segreta, di norma le prove erano costituite da mail tra compagni, sms, telefonate. In questa concezione totalizzante il biasimo non si limita a chi subisce l’espulsione, ma anche a quei dirigenti che semplicemente non erano stati zelanti nella funzione di controllo, oppure avevano condiviso qualche lettera indirizzata agli organismi dirigenti.
Una setta se non può accettare qualche rilievo critico, certamente non è in grado di gestire uno scontro che attiene la struttura organizzativa e questioni di tattica e strategia rivoluzionaria.
Ecco perché alla vigilia del 2° congresso del Pdac (2009) Ricci impone un’ulteriore giro di vite alla discussione interna: dal rifiuto di trasmettere al Consiglio nazionale eventuali emendamenti allo statuto e alle tesi proposti dalla minoranza e non approvati dal Comitato centrale, alle modifiche allo Statuto con l’introduzione dell’obbligo agli iscritti di “conformarsi attivamente”, cioè di prendere forma e annullarsi come soggetti pensanti. Questo è il centralismo a cui fa riferimento Ricci, questo è il dirigente che accusa il PCL di essere un’organizzazione affetta da leaderismo, federalismo, lassismo, menscevica.
La verità è un’altra e la verità è sempre rivoluzionaria. Il PCL è un’organizzazione che necessità certamente di miglioramenti nel suo funzionamento, ma sicuramente è un’organizzazione centralista democratica, dove il dissenso, il diritto di tendenza, nel quadro della comune condivisione del programma rivoluzionario e della disciplina rivoluzionaria, è sempre rispettato, come nella migliore tradizione leninista e trotskista.

La politica del Pdac all’insegna del settarismo
Le questioni organizzative, come insegna Lenin, non possono essere nettamente disgiunte dalle questioni politiche. Un nesso storicamente verificato in tutte le organizzazioni del movimento operaio: riformiste, centriste e rivoluzionarie.
Nel caso del Pdac va evidenziato come all’irrigidirsi e verticalizzarsi della struttura organizzativa, la proposta politica assume sempre più un carattere schematico, meccanicista, ultimativo. Questo è il metodo che Stefanoni e Ricci utilizzano nell’analisi del rapporto tra crisi capitalista e rivoluzione con il risultato di una profonda incomprensione della realtà. Questo metodo meccanicistico e ultimativo non ha un effetto disastroso per la classe lavoratrice solo perché nel paese questo gruppo è assolutamente marginale. Un solo esempio, il rifiuto meccanico del Pdac della cassa integrazione ordinaria, quella che garantisce la continuità del rapporto di lavoro, al di là del contesto dei rapporti di forza e dello sviluppo della lotta di classe. L’abolizione degli ammortizzatori sociali è stata successivamente realizzata (evidentemente senza aver letto Ricci e Stefanoni) dal governo Monti con la riforma Fornero del mercato del lavoro.
Questa evidente incapacità nell’utilizzo della dialettica marxista comporta una sostanziale incomprensione del metodo delle rivendicazioni transitorie e una costante sottovalutazione del ruolo delle organizzazioni sindacali e dell’importanza del lavoro dei comunisti rivoluzionari al loro interno contro le burocrazie sindacali, così come del ruolo delle diverse varianti di riformismo nel controllo della classe dei lavoratori. La risultante di questa analisi meccanicistica è il rifiuto di fatto, al di là del formale richiamo ai primi quatto congressi della Terza Internazionale, della tattica leninista del fronte unico di lotta e la conseguente politica settaria semi-bordighista. Non a caso il Pdac è assente dall’unico fronte unico di lotta esistente nel nostro paese contro il governo Monti: il Comitato No Debito. Quella del Pdac è una politica settaria che si concretizza nella rinuncia alla conquista della maggioranza della classe lavoratrice a una vera strategia rivoluzionaria.

La questione dell’Internazionale
Non appena consumata la scissione dalla AMR Progetto Comunista, il Pc Rol si pose l’obiettivo di conquistare la simpatia di Altamira e del PO, una operazione senza principi che non ha portato a nessun risultato. A quel punto in previsione della costituzione del Pdac la scelta cadde sulla LIT, abbracciando senza una vera approfondita discussione il morenismo. Una tendenza presente sopratutto in America Latina.
Il morenismo ha sviluppato una concezione semi-tappista della rivoluzione nei paesi dipendenti, così come sulla costruzione del partito, individuandone una tappa centrista nella costruzione del FUR (Fronte unico rivoluzionario). Una revisione con tutta evidenza della teoria della rivoluzione permanente di Trotsky e della concezione del partito rivoluzionario di Lenin. Questa impostazione semi-tappista è evidente nelle parole d’ordine espresse dalla LIT (vedi la dichiarazione del 25/03/2011) nel corso dei processi rivoluzionari nel Nord Africa e nel Medio Oriente, cosi come per fare un solo esempio sulla Palestina dove la LIT rivendica sostanzialmente il vecchio programma borghese dell’OLP (Palestina libera, laica, democratica e non razzista). E cosi rinunciando alla rivendicazione storica del trotskismo di una Palestina libera, laica e socialista nel quadro della Federazione socialista del Medio Oriente, con pieni diritti democratici per la popolazione ebraica.
Il Ricci che nello scritto sopra citato lancia la falsa accusa al PCL di operare secondo un processo a tappe nella sua costruzione, non ha mai combattuto quelle posizioni semi-tappiste, adattandosi senza combattere alle posizioni revisioniste del morenismo.
Il PCL ha sempre operato, fin dalla fondazione dell’AMR Progetto Comunista, attraverso il metodo del raggruppamento rivoluzionario e la condivisione programmatica, cosciente che il Partito della rivoluzione si costruisce non solo attraverso un aumento aritmetico, ma anche per salti. Questo sia nella costruzione del PCL che della Quarta Internazionale, senza mai rinunciare a combattere lealmente per affermare i principi del marxismo rivoluzionario.

Non rispondiamo alle calunnie
Nello scrivere queste righe potevamo rispondere alle calunnie di Ricci rivolte a quei militanti e dirigenti che hanno abbandonato il Pdac una volta costatata l’inutilità di questa piccola setta per la classe lavoratrice e per la rivoluzione socialista. Ma questo avrebbe significato dare una eccessivo valore agli insulti e ai fantasmi di un settario, così abbiamo preferito far conoscere ai lavoratori e ai militanti rivoluzionari che cosa è realmente quel piccolo gruppo diretto dalla coppia Ricci e Stefanoni.
A differenza di quanto scritto da Ricci, il PCL, non ha mai né teorizzato, né praticato la costruzione del partito per tappe. I due distinti livelli di adesione (militante e aderente) al Partito non hanno nulla a che fare con la teoria della costruzione per tappe, ma significano l'esatto opposto. Proprio perché il PCL sta costruendo un'organizzazione rivoluzionaria incrocia quei problemi che una setta, per definizione, ignora. Inoltre la nostra stesa esperienza di militanza nel PCL ci ha permesso di verificare la totale falsità di ogni rappresentazione del PCL come partito “personale”.
Il PCL ha costruito la sua organizzazione sui principi del centralismo democratico e la sua politica nel solco del marxismo rivoluzionario e pertanto non ha nessun interesse a integrare questo piccolo gruppo settario. Nel contempo, come avvenuto in questi anni, le sedi del PCL sono aperte a quei compagni che provenendo da altri gruppi e organizzazioni del movimento operaio condividono il programma rivoluzionario e vogliono dare il loro contributo alla costruzione del Partito della rivoluzione e alla Rifondazione della Quarta Internazionale.

3 Novembre 2012

Doro Francesco (ex membro del Comitato Centrale del Pdac)
Marceca Antonino (ex membro del Comitato Centrale del Pdac)
Margiotta Davide (ex membro del Comitato Centrale del Pdac)
Di Leo Giacomo (ex membro del Consiglio nazionale del Pdac)
Lemma Giovanni (ex membro del Consiglio nazionale del Pdac)
Pellegrini Enrico (ex membro del Consiglio nazionale del Pdac.)
Rambaldi Elder (ex membro del Consiglio nazionale del Pdac)

PARTITO COMUNISTA DEI LAVORATORI