CONTRO
LA REPRESSIONE DEL GOVERNO LIBERAL FASCISTA DI KIEV
PER I DIRITTI
NAZIONALI DELLA POPOLAZIONE RUSSOFONA
PER L'AUTONOMIA
DALL'IMPERIALISMO RUSSO
CONTRO LA GUERRA
PER UNA SOLUZIONE PROLETARIA
E SOCIALISTA DELLA CRISI UCRAINA
La
situazione ucraina è in pieno movimento.
Il
governo liberal fascista di Kiev, sostenuto dagli imperialismi
occidentali, ha avviato un'azione militare repressiva contro la
mobilitazione di settori popolari russofoni dell'Est Ucraina.
Impiegando allo scopo sia le truppe regolari, sia le milizie fasciste
di “Settore Destro”, largamente inquadrate peraltro nella Guardia
nazionale ucraina. L'obiettivo è di ripristinare l'”ordine
pubblico” nell'Est recuperando il pieno controllo sulla parte
economicamente centrale dell'Ucraina, e al tempo stesso vincolare i
propri protettori internazionali imperialisti, a partire dagli USA,
ad un sostegno politico militare sempre più diretto “contro la
Russia”.
CONTRO
L'AZIONE REPRESSIVA DI UN GOVERNO LIBERAL/FASCISTA
CONTRO
GLI IMPERIALISMI D' OCCIDENTE CHE LO SOSTENGONO
A
DIFESA DEI DIRITTI DELLA POPOLAZIONE RUSSOFONA.
Questa
operazione repressiva va combattuta e respinta, incondizionatamente e
senza riserve. In primo luogo perchè un suo successo comporterebbe
la stabilizzazione di un regime politico reazionario, a danno degli
interessi materiali e dei diritti democratici dell'intero
proletariato ucraino. In secondo luogo perchè trascinerebbe con sé
un rafforzamento del controllo imperialista occidentale sull'Ucraina,
sia in termini economici (coi sacrifici abnormi dettati da FMI e UE),
sia in termini politico militari (con l'espansione dell'influenza
NATO). In terzo luogo perchè le popolazioni russofone hanno il
diritto democratico di vedere riconosciute le proprie particolarità
nazionali (linguistiche e culturali) contro ogni pretesa del
nazionalismo reazionario“grande ucraino”.
Dentro
un confronto militare tra la repressione del governo liberal fascista
di Kiev e l'autodifesa dei settori russofoni, i rivoluzionari non
sono dunque neutrali o equidistanti. Si schierano contro la
repressione, per la difesa dei diritti nazionali russofoni.
E'
una posizione di principio e una necessità politica. Tanto più per
le organizzazioni marxiste rivoluzionarie dell'occidente capitalista
e imperialista, chiamate innanzitutto a battersi in prima fila contro
i propri imperialismi: contro il loro interessato sostegno (pur fra
le mille contraddizioni fra USA e UE e all'interno della stessa UE)
al governo liberal fascista di Kiev, e contro l'ipocrisia della loro
propaganda. Il sostegno occidentale a Kiev nel nome della
“democrazia” e della “legalità internazionale”è una
menzogna rivoltante, a fronte di un governo imposto da una rivolta
reazionaria, fuori da ogni declamata “legalità democratica”
borghese, e per di più intriso di presenze fasciste. Come rivoltante
è la demagogia “anti russa” a difesa dei “confini nazionali”
dell'Ucraina da parte di potenze imperialiste “democratiche” che
non hanno esitato a intervenire nei Balcani, in Afghanistan, in Irak,
per tutelare o imporre i propri interessi economici o politici, per
tracciare e dettare confini e poteri di altri Stati, contro ogni
principio di autodeterminazione . La denuncia di questa volgare
propaganda imperialista e dei suoi veri obiettivi, è centrale sia
nel proletariato ucraino, sia nel proletariato europeo e occidentale.
In
questo quadro è importante la battaglia politica contro le posizioni
di sostegno a Maidan da parte di alcuni gruppi o organizzazioni della
sinistra, in Italia e nel mondo: giunti addirittura nel caso della
LIT (e del suo gruppo italiano del Pdac) a salutare come
“rivoluzione” una rivolta reazionaria egemonizzata dai fascisti.
PER
L'AUTONOMIA DAL NAZIONALISMO GRANDE RUSSO
Al
tempo stesso , dentro questa convergenza pratica di lotta contro la
repressione di Kiev e i suoi protettori occidentali, va contrastata
ogni subordinazione politica delle popolazioni russofone al
nazionalismo grande russo e all'imperialismo di Mosca. Questo è un
punto importante di riflessione e caratterizzazione. Contro ogni
semplificazione o impressionismo ideologico.
Nella
mobilitazione del Donetsk e dell'Est Ucraina si muovono diversi
attori e fattori.
Sicuramente
è presente un elemento popolare reale, che mescola riferimenti
nazionali, oggi dominanti , con preoccupazioni sociali legate alla
crisi e ai sacrifici imposti o annunciati da Kiev. Ma non siamo in
presenza, ad oggi, di un reale movimento di massa, né tanto meno di
un movimento di classe dei lavoratori del Donbas anche lontanamente
paragonabile a quello che si sviluppò in forma imponente nel giugno
del 93 (ben 400 miniere coinvolte in uno sciopero prolungato di
massa, con la nascita di un comitato di sciopero..). Se un simile
movimento irrompesse sulla scena- ciò che non è escluso- potrebbe
cambiare la dinamica generale degli avvenimenti . Così oggi non è.
Gli scioperi di 6 miniere in Aprile per rivendicazioni salariali e
contro i licenziamenti sono un fatto importante perchè segna una
potenzialità. Ma confondere questa preziosa potenzialità con la
presenza in atto di un movimento proletario di lotta quale elemento
caratterizzante della situazione del Donbas significherebbe
confondere i propri desideri con la realtà. La mobilitazione del
Donbas non è assimilabile alla dinamica della ribellione proletaria
in Bosnia. Non solo per il diverso livello di coscienza e di
rivendicazioni (l'equilibrio tra istanze nazionali e sociali è
esattamente inverso), ma per il diverso livello di mobilitazione di
massa e di classe .
Ad
oggi nel Donbas e nell'Est Ucraina l'iniziativa organizzata di
precisi settori politico militari è largamente preponderante
rispetto alla mobilitazione popolare. Non si tratta, come vuole la
propaganda occidentale e di Kiev, di “agenti russi mascherati”.
Ma neppure come vorrebbe un certo romanticismo ideologico di milizie
“del popolo in rivolta”. Si tratta di un mosaico di forze
politico militari nazionaliste, spesso segnate da un profilo
reazionario , in cui il richiamo alla “grande guerra patriottica
antifascista” si intreccia con la mitologia della “Grande Nazione
Russa”, della sua missione “cristiana”, spesso segnata da
richiami antisemiti e nazistoidi (con tanto di svastiche, come nel
caso del“ Movimento Euroasiano”). Del resto il sostegno alla
“grande Russia” di Putin da parte di forze fasciste europee (come
Forza Nuova in Italia) si nutre esattamente di questi riferimenti.
Queste forze nazionaliste si sono inserite nel contrasto tra governo
di Kiev e popolazioni russofone, hanno guadagnato sicuramente un
consenso attivo in settori popolari, hanno sfruttato la crisi dello
Stato ucraino post Maidan per conquistare posizioni militari, hanno
puntato e puntano apertamente alla separazione dell'Est Ucraina e
alla sua assimilazione alla Russia. La loro azione militare (
sequestri inclusi) punta esattamente a una precipitazione dello
scontro con Kiev che costringa Mosca a intervenire militarmente e ad
annettere l'Est ucraino.
LA
REPUBBLICA DEL DONBAS E IL RUOLO DEGLI OLIGARCHI CAPITALISTI
La
“Repubblica popolare del Donbas” non è dunque la reincarnazione,
magari distorta, della Comune di Parigi. E neppure- come vorrebbero
diverse celebrazioni staliniste- un “ritorno dell'URSS” in
miniatura. E' la conquista di una postazione di potere di forze
politico militari nazionaliste, nel loro fronteggiamento con Kiev,
nella speranza di un intervento militare risolutivo di Putin. Le
diverse bandiere ideologiche che la rivestono, tra loro spesso
sovrapposte (dalla “rinascita sovietica” alla mitologia panrussa)
coprono questa realtà.
Parallelamente
i grandi oligarchi capitalisti dell'Est usano la mobilitazione dei
settori nazionalisti e soprattutto l'avversione popolare russofona
contro Kiev ( ben più ampia dell'adesione popolare alle milizie
nazionaliste) come arma negoziale e di pressione sul governo centrale
ucraino per strappare vantaggi economici , maggiori spazi di
autonomia, un peso maggiore negli equilibri interni allo Stato. Non è
un caso che i clan oligarco capitalisti del Donbas- grandi vincitori
della partita delle privatizzazioni degli anni 90- siano stati il
settore dominante della borghesia ucraina negli ultimi 20 anni, non
solo in termini economici, ma anche in termini politici ( tutti i
diversi capi di governo che si sono succeduti a Kiev venivano dai
clan del Donbas, da Kucma a Tymosenko a Yanukovich). Nè è un caso
che “il Partito delle regioni” di Yanukovich che reggeva il
precedente regime avesse il proprio bacino elettorale nella
popolazione dell'Est ucraino, e nella sua stessa classe operaia.
Crollato il vecchio regime, i grandi capitalisti dell'Est ucraino (
da Akhmetov a Kolomoisky) giocano più che mai su tutti i tavoli. Al
governo di Kiev si presentano come controllori dell'insofferenza
della popolazione russofona a garanzia dell'unità nazionale. Alle
popolazioni dell'Est, russofone e non, si presentano come loro
garanti contro il governo di Kiev. A Mosca si presentano come
possibili interlocutori e crocevia di una soluzione negoziale di
reciproco interesse. Questi oligarchi cercano semplicemente tutte le
vie possibili per mantenere il proprio controllo economico e politico
sull'Est Ucraina. Disponibili ad ogni soluzione pur di continuare a
sfruttare i “propri” operai, naturalmente...nel loro interesse.
Nel
difendere incondizionatamente i diritti nazionali della popolazione
russofona dell'Est (come i diritti nazionali di tutte le minoranze a
partire dai tartari in Crimea), non appoggiamo il “partito del
Donbass” in nessuna delle sue espressioni politiche. Nè in quella
oligarco capitalista, né in quella nazionalista separatista. Il
diritto di autodeterminazione della Crimea era ed è incontestabile,
per il carattere largamente maggioritario della popolazione russa e
per la radice storica della sua cessione all'Ucraina come pacco
postale da parte della burocrazia del Kremlino nel 1954. La
separazione dell'Est ucraino e la sua integrazione nella Russia non
ha invece giustificazione storica né politica: la popolazione russa
non è maggioritaria in nessuna regione dell'Est ucraino (ad
eccezione della Crimea), l'intreccio fra le nazionalità è profondo,
larga parte della stessa popolazione russofona, certo avversa al
nuovo governo di Kiev, non sostiene l'opzione separatista dei circoli
militanti nazionalisti (secondo rilevamenti di fonti diverse, il 25%
della popolazione del Donetsk vorrebbe il passaggio alla Russia, il
65% una maggiore autonomia all'interno dell'Ucraina unita). Una
separazione dell'Est avrebbe una sola conseguenza: la divisione del
proletariato ucraino , con una più vincolante subordinazione di
entrambi i settori che lo compongono ai grandi oligarchi capitalisti,
dell'Est e dell'Ovest. Gli uni sotto il blocco occidentale e il suo
governo liberal fascista, gli altri sotto il nazionalismo reazionario
grande russo e il regime bonapartista di Putin.
IL
RUOLO IMPERIALISTA DELLA RUSSIA DI PUTIN
La
lotta per l'indipendenza del proletariato ucraino dagli imperialismi
occidentali, in contrapposizione al governo di Kiev, non può essere
disgiunta da quella per la sua autonomia dall'imperialismo russo e
dal regime di Putin. Per questo, così come siamo contro la
repressione del governo liberal fascista di Kiev, siamo contro ogni
intervento russo in Ucraina.
Il
regime bonapartista di Putin non vuole oggi, in realtà, l'intervento
militare in Ucraina. Vorrebbe una soluzione di compromesso con gli
imperialismi occidentali. Una qualche forma istituzionale di Ucraina
federale (naturalmente capitalista) che lasciasse mano libera alle
regioni dell'Est nelle loro relazioni economiche internazionali. E
dunque consentisse alla Russia una forte presenza in Ucraina, senza
assimilazione diretta, scongiurando al tempo stesso ogni sua
integrazione nella U.E. e tanto più nella Nato. Gli accordi di
Ginevra, dal punto di vista russo, corrispondono a questo scopo. La
stessa Russia che sostiene i circoli nazionalisti separatisti del
Donbas, come arma negoziale con Kiev e con l'occidente, non avrebbe
problema a scaricarli in 24 ore in cambio di una soluzione
soddisfacente per i propri interessi imperialistici.
Ma
la dinamica degli avvenimenti ha largamente travolto gli accordi di
carta stipulati a Ginevra. Il governo di Kiev non può oggi accettare
una soluzione politico istituzionale che lo privi di fatto di un
controllo centralizzato sulle risorse economiche dell'Est; né può
rompere, tanto più alla vigilia delle elezioni presidenziali, col
sentimento nazionalista reazionario grande ucraino e il peso
organizzato delle forze fasciste politico militari che lo sorreggono
( e che partecipano direttamente al governo come Svoboda, o lo
fiancheggiano all'esterno come Settore destro). Da qui l'azione di
repressione militare avviata contro l'Est. Da qui anche la possibile
precipitazione di una guerra. Perchè il regime bonapartista di Putin
non potrebbe subire passivamente una aperta repressione militare
della popolazione russa di Ucraina, tanto più dopo essersi posto
come garante della sua sicurezza sul versante interno e
internazionale, se non rompendo drammaticamente col sentimento
interno nazionalista grande russo su cui Putin si regge . Nè può
consentire che uno schiacciamento dell'Est da parte di Kiev liberi la
via ad una nuova espansione della Nato in Ucraina. Oltre a una certa
soglia, contro la sua volontà, Putin potrebbe essere dunque
costretto a un intervento militare dai propri interessi politici.
NO
ALLA GUERRA
PUTIN,
LENIN, E IL DISFATTISMO
Questo
intervento non avrebbe nulla di progressivo. La Russia di Putin non
ha niente a che vedere con la vecchia Unione Sovietica, che poteva
esportare o in forma rivoluzionaria (ai tempi di Lenin) o in forma
burocratico militare (ai tempi di Stalin) rapporti sociali
storicamente progressivi. La Russia di Putin è un paese capitalista.
Lo sviluppo dell'intreccio industrial finanziario, e il peso
dell'esportazione di proprio capitale finanziario, ne fa un paese
imperialista. La sua politica è una politica di potenza, che non si
rassegna oltretutto a un ruolo regionale ma punta a partecipare da
protagonista agli equilibri mondiali e alla spartizione delle zone
d'influenza (in Europa, in Asia, in Medio oriente). E che oggi punta
strategicamente alla costruzione di una propria area d'influenza Euro
Asiatica, grosso modo ricalcata sulla vecchia area d'influenza
dell'URSS, come controbilanciamento dell'Unione Europea e della Nato.
L'intervento
dell'imperialismo russo in Ucraina- richiesto dalla “Repubblica del
Donbass”- avrebbe l'unico effetto di subordinare il proletariato
dell'est ucraino agli interessi economici, militari, e geo/strategici
di Mosca. A vantaggio del rafforzamento del regime bonapartista di
Putin, del suo richiamo nazionalista sulla popolazione russa, della
sua oppressione sul proletariato russo, della limitazione degli
stessi diritti democratici delle opposizioni interne.
Il
22 Aprile Vladimir Putin ha messo peraltro le mani avanti contro ogni
opposizione interna a un eventuale intervento militare , con parole
molto significative:” Alcuni in Russia augurano la sconfitta del
proprio Paese. E' la peggiore tradizione russa. E' la tradizione dei
bolscevichi, che nella prima guerra mondiale, speravano nella
sconfitta del proprio governo, del proprio Paese”. Putin ha
ragione. Fu esattamente quella la politica di Lenin che spianò la
strada alla rivoluzione russa, al rovesciamento dello Zar, alla
conquista del potere dei Soviet. Fu quella politica del disfattismo
rivoluzionario “contro il proprio imperialismo” che gettò le
basi dell'internazionale comunista. E che i bolscevichi inaugurarono
-come ricorda Zinoviev- già nella guerra fra Russia e Giappone nel
1904.
Putin
demonizza Lenin, perchè Lenin è la risposta proletaria a Putin. La
ricostruzione di un movimento proletario indipendente in Russia ha
bisogno di recuperare appieno una politica disfattista contro
l'imperialismo russo (che oltretutto ai tempi di Putin è ben più
forte, economicamente e militarmente, che al tempo degli Zar)
.Viceversa, ogni subordinazione campista alla Russia di Putin; ogni
adattamento, esplicito o implicito, ad una sorta di “russofilia”
di estrazione ideologica staliniana ; ma anche, su un piano diverso,
ogni rimozione della natura e della politica imperialistica della
Russia odierna, sono o sarebbero ostacoli- più o meno grandi- ad uno
sviluppo politico indipendente dell'avanguardia proletaria, nel
Donbas, in Russia, sul piano internazionale.
PER
UNA UCRAINA UNITA, INDIPENDENTE, SOCIALISTA
Solo
lo sviluppo indipendente del movimento operaio può dare soluzione
progressiva alla crisi ucraina. Con l'esproprio dell'oligarchia
capitalista dell'ovest e dell'est e il controllo operaio
sull'industria. Con l'esproprio delle banche (in larga parte
straniere, occidentali e russe) e la loro concentrazione in una unica
banca pubblica sotto controllo popolare. Con l'annullamento
dell'enorme debito pubblico dell'Ucraina verso le banche imperialiste
occidentali e russe. Con la realizzazione di un governo dei consigli
dei lavoratori, dell'Est e dell'ovest, basato sull'armamento del
popolo e dunque sul disarmo di tutte le forze reazionarie, a partire
dalle milizie fasciste. Con l'edificazione di una Ucraina unita e
socialista rispettosa dei diritti di tutte le minoranze nazionali,
anche nella forma di uno stato federale, nella prospettiva storica
degli Stati Uniti Socialisti d'Europa. Solo questa soluzione può
garantire l'indipendenza dell'Ucraina dalle pressioni imperialiste di
diverso segno – occidentali e russe-che oggi si contendono la sua
spartizione.
La subordinazione di ogni istanza sociale e democratica del proletariato all'interesse internazionale del movimento operaio è il cuore della politica marxista . Al tempo stesso la difesa dell'interesse internazionale del movimento operaio non è la riproduzione meccanica e uniforme, in ogni diverso contesto nazionale, delle stesse parole d'ordine; ma la capacità di ricondurre ogni diversa rivendicazione e articolazione di classe, ogni diversa rivendicazione democratica e nazionale- in rapporto alle diverse particolarità oggettive e soggettive di ogni situazione e alla sua dinamica- all'interesse superiore della rivoluzione socialista internazionale. Contro ogni subordinazione, diretta o indiretta, al nazionalismo borghese. Oggi la rivendicazione di una Ucraina unita e socialista, rispettosa dei diritti nazionali delle minoranze (anche in forma federale), combina la contrapposizione agli imperialismi occidentali con l'opposizione all'imperialismo russo; la contrapposizione al nazionalismo reazionario ucraino e dunque al governo di Kiev, con l'opposizione al nazionalismo grande russo in tutte le sue espressioni e tradizioni. Come equilibrare tra loro i due aspetti dipende dalla dinamica concreta della situazione e della lotta di classe. Amputare o sacrificare l'uno o l'altro aspetto contraddirebbe la coerenza della politica rivoluzionaria.
La subordinazione di ogni istanza sociale e democratica del proletariato all'interesse internazionale del movimento operaio è il cuore della politica marxista . Al tempo stesso la difesa dell'interesse internazionale del movimento operaio non è la riproduzione meccanica e uniforme, in ogni diverso contesto nazionale, delle stesse parole d'ordine; ma la capacità di ricondurre ogni diversa rivendicazione e articolazione di classe, ogni diversa rivendicazione democratica e nazionale- in rapporto alle diverse particolarità oggettive e soggettive di ogni situazione e alla sua dinamica- all'interesse superiore della rivoluzione socialista internazionale. Contro ogni subordinazione, diretta o indiretta, al nazionalismo borghese. Oggi la rivendicazione di una Ucraina unita e socialista, rispettosa dei diritti nazionali delle minoranze (anche in forma federale), combina la contrapposizione agli imperialismi occidentali con l'opposizione all'imperialismo russo; la contrapposizione al nazionalismo reazionario ucraino e dunque al governo di Kiev, con l'opposizione al nazionalismo grande russo in tutte le sue espressioni e tradizioni. Come equilibrare tra loro i due aspetti dipende dalla dinamica concreta della situazione e della lotta di classe. Amputare o sacrificare l'uno o l'altro aspetto contraddirebbe la coerenza della politica rivoluzionaria.
MARCO
FERRANDO