IL VATICANO
PROCESSA, LO STATO TACE, LA SINISTRA ANCHE.
Il processo intentato dal Vaticano contro i due
giornalisti italiani Nuzzi e Fittipaldi - responsabili di “rivelazione di
notizie riservate” - illustra una volta di più la natura della Chiesa e
dell'attuale Pontificato.
Il processo ha natura inquisitoria e totalmente
arbitraria, da ogni punto di vista. Esso si fonda sul nuovo articolo 10 del
Codice penale vaticano che prescrive pene severe, sino a 8 anni di carcere,
“per chiunque riveli notizie e documenti riservati”. Un'aberrazione giuridica
di per sé da un punto di vista liberale: significa di fatto negare il diritto
alla libera stampa. Ancor più aberrante la pretesa di applicare questo codice
penale non a dipendenti del Vaticano ma a cittadini di un altro Stato, senza
neppure la formalità di una richiesta di rogatoria. Per di più i giornalisti
italiani processati non hanno potuto né conoscere per tempo gli atti di accusa
né scegliersi i propri avvocati: perché gli articoli 24 e 26 dell'ordinamento
giudiziario vaticano riservano alla Santa Sede il diritto di ammettere o meno
un avvocato in tribunale, e la Santa Sede ha rifiutato gli avvocati scelti dai
giornalisti. Insomma: una monarchia assoluta di natura teocratica ha una
giurisdizione a propria immagine e somiglianza. Ma non di tratta solo
dell'ordinamento vaticano. Si tratta anche delle scelte politiche di chi lo
guida. Il processo in atto riconduce infatti alla precisa responsabilità di
Papa Bergoglio. In primo luogo perché il nuovo articolo 10 (iperreazionario)
del Codice penale vaticano è stato voluto e dettato dall'attuale Papa nel 2013,
in reazione alla rivelazione di documenti segreti avvenuta sotto il precedente
pontificato. In secondo luogo perché è stato l'attuale Papa a dare mandato
formale al Procuratore di Giustizia vaticano per mettere a processo i due
giornalisti, come sottovoce, con malcelato imbarazzo, è stato ammesso dagli
stessi organi di stampa. Il fine dell'operazione è molto chiaro: il papato
vuole intimidire a futura memoria chiunque voglia denunciare e documentare
l'effettiva realtà della vita della Chiesa, i suoi rapporti col capitale
finanziario e con la proprietà immobiliare (4 miliardi di patrimonio
immobiliare solo a Roma), le truffe operate ai danni degli stessi fedeli con le
speculazioni sull'obolo di S. Pietro e sull'otto per mille, la vita dorata
delle gerarchie ecclesiastiche finanziata dal denaro pubblico... Tutto ciò che
smentisce la recita francescana del Papa populista, a caccia di consensi nelle favelas
africane. Per di più il Papa vuole che il processo si faccia in fretta e si
concluda prima dell'8 dicembre (contro ogni principio di garanzia per gli
“imputati”) per non fare ombra all'avvio del Giubileo e alla celebrazione
solenne dell'anno della... misericordia, cioè della sua persona. Colpisce
in questo quadro l'ermetico silenzio delle autorità italiane e dei partiti
borghesi. Tutti pronti a rivendicare, nel nome della Patria e con aria
sdegnata, l'estradizione dall'India di due marò accusati dell'assassinio di
pescatori. Ma incapaci di balbettare una sola sillaba per difendere due
giornalisti italiani accusati di libertà di stampa dallo Stato Vaticano.
Nessuna meraviglia: il compromesso tra borghesia liberale e Vaticano è
impermeabile ad ogni evento perché è fondativo della Repubblica borghese. Alle
sinistre politiche e sociali chiediamo invece: non avete nulla da dire su un
processo oscurantista contro la libertà? Fino a quando la subordinazione
culturale al Papa della misericordia, e il rispetto dell'ipocrisia
istituzionale, vi imporrà il silenzio anche su questa infamia?
Partito Comunista dei Lavoratori