lunedì 4 luglio 2011

VAL DI SUSA: L'IPOCRISIA BIPARTISAN SULLA “VIOLENZA”

La “violenza” è da tempo immemorabile una categoria singolare. Se compiuta nel nome della “legalità” non solo cessa di essere tale, ma è addirittura ragione di encomio e di pubblica lode. Se invece è compiuta contro il potere, diventa il massimo dell'abominio e della pubblica esecrazione.

Questa legge della pubblica ipocrisia è universale.
Militari che uccidono in guerra sono eroi. Chi difende la propria terra contro quei militari è un assassino e un bandito.
Chi impone col manganello la viabilità di una strada contro una lotta operaia a difesa del lavoro , fa il suo dovere. Chi si difende da quel manganello per il diritto al lavoro, è un “resistente” a pubblico ufficiale e andrà a processo.
Chi respinge un barcone di migranti in mezzo al mare, magari facendo cento morti, difende i confini e la legalità internazionale. Chi cerca di varcare disperatamente quei confini è un deprecabile “clandestino”, responsabile della sua stessa sorte...

Questa legge dell'ipocrisia non risparmia la Val di Susa.
Un gigantesco apparato militare dispiegato in quella valle, quasi pari alla forza militare italiana impiegata in Afghanistan, finalizzato unicamente a imporre alla popolazione di Val Susa un opera nociva,( e all'Italia lo spreco di 20 miliardi a favore dei peggiori interessi), è un atto di difesa della legalità. Se per difendere quella legalità si usano gas tossici, lacrimogeni ad altezza d'uomo, mirati proiettili di gomma, è ( nel migliore dei casi) un “sacrificio” imposto dalla superiorità del “dovere”, che merita il plauso solenne del Capo dello Stato, di tutte le “istituzioni” , di tutti i partiti dominanti. Se invece una massa di valligiani e di giovani cerca di impedire come può la devastazione della Valle, per affermare la volontà e i diritti di chi la abita, ( oltrechè gli interessi della maggioranza della società italiana), diventa il simbolo della “Violenza” , della “delinquenza”, della “sopraffazione”. Perchè? Perchè si contrappone alla “Legge” e allo Stato che la difende.E' tutto chiaro. La violenza dello Stato si chiama Legge. La legge della democrazia si chiama Violenza. I conti tornano. E' la riprova che solo una rivoluzione sociale può fare giustizia, restituendo alle ragioni della democrazia il diritto della forza.

Tutta la cultura dipietrista, grillina o pacifista, che da anni rivendica il valore della “legalità” come orizzonte insuperabile e leva di trasformazione, è smentita una volta di più dalla violenza legale dello Stato. L'appello a uno Stato immaginario contro lo Stato reale, a una legalità fantasma contro la legalità materiale, è un esercizio retorico di impotenza e di inganno. Che spesso serve a coprire la propria subalterneità, per quanto “critica” allo status quo.

Parallelamente l'esperienza della Val di Susa dimostra, sul versante opposto, che una pura apologia dell'antagonismo ribelle non porta lontano, se non si congiunge ad una prospettiva rivoluzionaria, capace di unificare tutte le ragioni degli sfruttati e degli oppressi in un'azione di rivolta generale e di massa. La Val di Susa non vincerà da sola. Come non vincerà da sola la battaglia sull'acqua pubblica. O la battaglia contro la guerra. O la battaglia per i diritti dei migranti. O la battaglia per la difesa della scuola e del lavoro. Ogni lotta parziale può strappare risultati, anche parziali, nel suo specifico settore, solo all'interno di una prospettiva unificante. Solo ponendo la propria radicalità al servizio di una rottura complessiva di sistema, e quindi di un'alternativa di società. Ciò che implica a sua volta ,in ogni settore di lotta, un lavoro di organizzazione, di sviluppo della coscienza politica, di selezione e formazione dell'avanguardia più generosa e combattiva.

Questo è il lavoro quotidiano controcorrente del Partito Comunista dei Lavoratori, all'interno di tutte le lotte di massa: il lavoro per la rivoluzione.

MARCO FERRANDO



A VENDOLA E FERRERO, DOPO VAL DI SUSA: COME FATE A VOLER GOVERNARE COL PD?

La Val di Susa traccia un confine nazionale. O di qua, o di là, in mezzo al guado non si può stare.
Da un lato il rifiuto dello spreco di 20 miliardi a vantaggio di grandi interessi privati, nel mentre si impongono 47 miliardi di tagli sociali per pagare i banchieri. Dall'altro la violenza di chi vuole imporre la Tav ad ogni costo contro una resistenza popolare di 22 anni.
Da un lato la popolazione della valle e un senso comune sempre più diffuso, anche a livello nazionale. Dall'altro il fronte unito di PDL,PD,UDC a sostegno della militarizzazione della Val Di Susa, e dei lacrimogeni sparati ad altezza d'uomo, di cui sono stato personale testimone.
Ora Vendola e Ferrero dovrebbero fare una cosa sola: rompere col PD di Bersani, Fassino e manganelli, e abbandonare la prospettiva del centrosinistra e del “patto” col PD, ad ogni livello. Non ci si può arrampicare sugli specchi oltre il limite della decenza.

ADESIONE E PARTECIPAZIONE ALLA MANIFESTAZIONE NAZIONALE NO TAV
(1 Luglio 2011)
Il Partito Comunista dei lavoratori (PCL) aderisce e partecipa alla manifestazione nazionale convocata dal movimento No Tav in Val di Susa per Domenica 3 Luglio, con la presenza di Marco Ferrando, suo portavoce nazionale: in coerenza col pieno sostegno che il PCL ha sempre dato alla lotta della popolazione della valle in opposizione ai governi di centrodestra e centrosinistra, e alle loro aggressioni poliziesche. Questa lotta ha tanto più oggi un valore emblematico generale. Nel momento in cui il governo, senza reale opposizione, vara un salasso di quasi 50 miliardi di tagli sociali per pagare i banchieri europei, il rifiuto dello spreco di 20 miliardi destinati alla mangiatoia della Tav, solleva l'esigenza di un altra organizzazione della società: che rovesci la dittatura del profitto, privilegi l'investimento pubblico nei beni comuni, rispetti la volontà del popolo, faccia pagare chi non ha mai pagato.