I TRAMVIERI DI GENOVA NON SI ARRENDONO.
PCL E FERRANDO -NON M5S E GRILLO- A FIANCO DEI LAVORATORI.
PER LA CONTINUITA' E LA GENERALIZZAZIONE DELLA LOTTA.
23 Novembre 2013
http://video.repubblica.it/edizione/genova/sciopero-genova-punto-di-riferimento-per-i-lavoratori-di-tutta-italia/147538/146054
Marco Ferrando interviene allo sciopero dei tranvieri a Genova.
Ovazione ed applausi da tutti gli operai
Siamo
al quarto giorno consecutivo dello sciopero dei tramvieri di Genova.
Nonostante le pesantissime multe imposte dalla prefettura, la
campagna mediatica locale, un fronte politico anti sciopero guidato
dal PD, da SEL, e dal suo sindaco, la lotta di massa va avanti
compatta. La proposta avanzata da Doria di un altro anno di
“sacrifici” per i lavoratori- che già hanno perso nel 2013 un
mese di stipendio e cinque giorni di ferie- ha incontrato un rigetto
plebiscitario. Tanto più a fronte di dichiarazioni parallele del
segretario cittadino del PD che ha spiegato che i nuovi sacrifici del
2014 servono a facilitare la privatizzazione dell'azienda “risanata”
( e dunque più appetibile) nel 2015. Con tanto di licenziamenti
annunciati. L'assemblea di questa mattina alla storica Chiamata del
porto era enorme, come non si vedeva da molti anni. Un autentico muro
umano, che ribolliva di rabbia. “Il nostro non è uno sciopero, ma
una rivoluzione” ha detto testualmente il lavoratore che, alla
presidenza, ha introdotto ufficialmente l'assemblea, ricevendo un
boato di applausi. Il grosso dei lavoratori vive realmente la propria
lotta con questo sentimento radicale. Le stesse direzioni sindacali-
che l'anno scorso firmarono l'accordo dei sacrifici, approvato sotto
ricatto dal solo 54% dei lavoratori- sono in grande difficoltà a
compiere oggi un passo indietro. Tanto più a fronte di una giunta
che le ha umiliate stracciando l'accordo siglato. Intanto si
moltiplicano i segnali di mobilitazione di altri settori operai delle
municipalizzate cittadine, e di una possibile propagazione della
lotta in altre città a partire da Roma. Non a caso una
rappresentanza di lavoratori (iscritti alla CGIL) dell' Atac di Roma
ha portato il proprio saluto alla Chiamata del porto. In questo
contesto e in questo clima, il PCL è stato l'unico partito della
sinistra che ha messo la propria faccia nella lotta, con la presenza
e l'intervento del suo portavoce nazionale Marco Ferrando
all'assemblea dei lavoratori. Altri “politici” della sinistra
hanno pensato bene di non farsi trovare. Un po' perchè
impresentabili per il sostegno a Doria oggi, e per il voto a quelle
privatizzazioni a partire dal 97 ( primo Prodi) che hanno distrutto
l'occupazione a Genova. Un po' perchè impauriti dal clima di rifiuto
o diffidenza verso “i politici” che certo segna un senso comune
diffuso tra i lavoratori in lotta dopo tanti tradimenti subiti. Il
PCL invece non si è tirato indietro. Ha potuto presentarsi ai
lavoratori perchè da sempre all'opposizione di Doria. La nostra
compagna Giuliana Sanguineti, candidata contro Doria alle recenti
elezioni comunali, ha partecipato all'assemblea e agli appuntamenti
di lotta di questi giorni, con una buona riconoscibilità presso un
settore significativo di operai. Il nostro partito ha distribuito un
nuovo volantino all'assemblea dei lavoratori, senza che un solo
lavoratore abbia contestato l'”ingerenza” del partito. In questo
quadro, Marco Ferrando ha potuto intervenire in assemblea, a nome del
PCL. A nome del PCL ha portato non solo la “solidarietà” alla
lotta, ma la rivendicazione del suo carattere “esemplare per i
lavoratori di tutta Italia”: sostenendo la “ribellione e il
ricorso alla forza” in rottura col le “vecchie regole del gioco”;
ponendo la necessità di estendere la mobilitazione e il suo esempio;
ponendo l'esigenza di una cassa nazionale di resistenza a sostegno
delle lotte prolungate. L'intervento,più volte interrotto dagli
applausi, è stato accolto da un ovazione dell'assemblea. Non a caso
il dirigente sindacale che ha concluso l'assemblea- forse
preoccupato- ha sentito il dovere di dire che occorre “ tenersi
lontani dai politici che cercano di infiltrarsi nella lotta dei
lavoratori”, e che in ogni caso.. “la nostra lotta non vuole
cambiare il mondo, ma solo l'AMT”. Nessun applauso. Uno che invece
non si è .. “infiltrato” tra gli operai è sicuramente Beppe
Grillo, al contrario di quanto raccontato dall'intero universo
mediatico. Grillo era assente sia all'assemblea dei lavoratori, sia
al corteo successivo, sia all'intera giornata di mobilitazione.
Semplicemente, proprio come tutti i “politici” borghesi, ha fatto
una comparsata di 5 minuti ( cinque) a mezzogiorno a uso telecamere,
scendendo dalla sua villa e ritornandoci subito dopo. E nei 5 minuti
di affabulazione sulle privatizzazioni ( in cui in ogni caso ha
spiegato che “ormai è superata la distinzione tra pubblico e
privato”) non ha detto una sola parola chiara a sostegno della
lotta radicale dei lavoratori. Mentre il M5S genovese, e i suoi
consiglieri comunali- che si sono astenuti sulla delibera di Doria-
hanno solidarizzato “con i cittadini danneggiati da un blocco senza
regole e senza rispetto della legalità”. Grillo si conferma solo
un demagogo reazionario, che ha beneficiato unicamente- anche tra i
lavoratori- del tradimento (o della latitanza) delle sinistre.
La
lotta di Genova è ora a un passaggio stretto. Le tensioni tra
giovani lavoratori e dirigenti sindacali hanno iniziato a
manifestarsi nella giornata di oggi, in diversi momenti, sia pure in
un quadro confuso, caratterizzato dalla contraddizione profonda tra
radicalità del sentimento di massa e arretratezza della coscienza
politica. Il PCL nel suo volantino all'assemblea ha introdotto alla
riflessione dei lavoratori una tematica centrale: quella
dell'elezione di un comitato di sciopero da parte dell'assemblea dei
lavoratori, in grado di garantire la continuità della lotta, di
controllare la sua gestione, di rappresentare la volontà
dell'assemblea contro ogni eventuale passo indietro delle direzioni
sindacali. Si è cominciato a discutere di questa idea con alcuni
lavoratori d'avanguardia, in particolare iscritti alla CGIL, che
diffidano del sindacato CISAL ma anche dei propri burocrati. Certo
siamo ancora un piccolo partito, con un impatto per ora molto
limitato sulla dinamica di lotta. Ma da comunisti facciamo il nostro
dovere di rivoluzionari. Che è l'unico modo di investire nel futuro
del movimento operaio e della sua giovane generazione.