domenica 16 febbraio 2014

DICHIARAZIONE DEL RAKOVSKY CENTER SULLA BOSNIA ERZEGOVINA

BosniaSolidarieta ai lavoratori e giovani della Bosnia Erzegovina

USA e UE giù le mani dalla Bosnia Erzegovina

10 Febbraio 2014
Il calderone bosniaco è finalmente esploso! In un paese lacerato solo due decenni fa da una guerra intestina e che da allora langue in una struttura statale tronfia ed inefficiente, istituita dagli USA con l’imposizione dell’accordo di Dayton del 1995, un paese in cui il tasso di disoccupazione è ufficialmente al 27,5%, benché altre stime lo pongano più vicino al 45%, ed in cui la disoccupazione tra i giovani dai 18 ai 29 anni sale ufficialmente al 57%, l’esplosione sociale era solo una questione di tempo.
La classe operaia e le giovani generazioni della città di Tuzla, un centro industriale cruciale, hanno preso l’iniziativa il 4 Febbraio e la rivolta, oggi al suo sesto giorno, si è da allora propagata a macchia d’olio a quasi tutta la Federazione della Bosnia-Herzegovina, con la capitale Sarajevo e le principali città di Mostar, Bihac e Zenica che hanno aperto la strada, come anche il distretto neutrale ed autonomo di Brko. La Repubblica Serba di Bosnia ed Erzegovina, invece, è stata per adesso a malapena toccata.
Questa è una lotta di classe allo stato puro! L’insurrezione a Tuzla è iniziata come una protesta contro la chiusura di fabbriche privatizzate tra il 2000 ed il 2008. Un fiorente centro culturale ed industriale sotto la Federazione Socialista di Jugoslavia, Tuzla ha visto Tuzla ha visto le sue fabbriche del settore chimico, dei mobilifici e di tutti gli altri settori saccheggiate dalla ex-burocrazia nella forma della privatizzazione.
I nuovi padroni in realtà non erano nemmeno interessati alla produzione di plusvalore. Dopo aver svenduto tutto il patrimonio, molti di loro hanno subito dichiarato fallimento, licenziando i lavoratori senza alcun indennizzo.
I lavoratori hanno accumulato arretrati salariali fino a 27 mesi e oltre alla liquidazione chiedono il pagamento dei contributi per l'assistenza sanitaria e per la pensione. Naturalmente, tutte queste richieste economiche sono scivolate in secondo piano nel momento in cui la protesta si è trasformata in una vera e propria insurrezione. A Tuzla, il palazzo del governo del cantone locale è stato sventrato. A Sarajevo, i manifestanti hanno dato alle fiamme il palazzo della Presidenza della Bosnia ed Herzegovina e la sede del governo locale. Le masse hanno generalizzato la loro critica contro il regime, intonando il coro “Ladri” e innalzando lo slogan “Rivoluzione!”, ponendo così all'ordine del giorno la questione del potere politico.
Ad ogni modo, l'insurrezione sembra essere completamente spontanea e la classe operaia e i giovani devono ancora sviluppare forme organizzative che possano realisticamente costituire un'alternativa alla struttura di potere esistente. D'altra parte, oltre alla fiducia in se stessi che la distruzione degli edifici governativi ha instillato nei lavoratori, la lotta ha già raggiunto alcuni iniziali trionfi politici, con le dimissioni dei governatori dei cantoni di Tuzla e Sarajevo e dell’intero governo del cantone di Zenica-Doboj. Inoltre già in questa prima fase le masse hanno avanzato alcuni slogan importanti. A Tuzla, “Abbasso il Governo” è diventato uno slogan comune.. Gli slogan per la tutela dei diritti dei lavoratori e per l'abolizione dei privilegi dei politici in questa fase sono molto importanti, anche a causa della natura frammentata e sovrapposta delle strutture statali. Ciò che più colpisce è forse il fatto che i ribelli bosniaci chiedano l'abolizione degli accordi imperialistici di Dayton. 
La difficoltà più cruciale per il movimento di massa adesso viene dalle paure interiorizzate della possibilità di una rinascita delle estreme violenze e crudeltà che hanno caratterizzato la guerra civile in Bosnia-Herzegovina tra gli anni 1992 e 1995 e la conseguente ostilità al limite dell'odio etnico tra i tre maggiori gruppi etno-cultural-religiosi, in particolare tra il gruppo bosniaco a prevalenza islamica e quello serbo a prevalenza cristiana ortodossa, con i croati cattolici in una posizione di maggior vicinanza ai bosniaci. Ma anche su questo versante ci sono buone notizie. Un evento estremamente importante è avvenuto nei giorni scorsi, quando diverse centinaia di dimostranti hanno marciato attraverso Banja Luka, sede del governo della Repubblica Serba di Bosnia ed Erzegovina, scandendo slogan che richiamavano alla “unità tra tutte le etnie bosniache”. D'altro canto, nella città bosniaco-croata di Mostar, i quartier generali del partito islamico-bosniaco SDA e di quello croato HDZ (Ustascia) sono stati dati alle fiamme, mostrando che le masse in rivolta hanno una chiara tendenza a rompere con il nazionalismo o con l'identità religiosa.
Se questa fosse la tendenza anche solo di una minoranza consistente dei tre popoli della Bosnia ed Erzegovina, porterebbe grande energia e potenziale per il processo rivoluzionario imminente nel paese.
Gli imperialisti hanno giocato un ruolo semi-colonialista in Bosnia - Herzegovina dopo la firma degli accordi di Dayton. Per questo non è un caso che l'ambasciata degli USA a Sarajevo abbia rilasciato una dichiarazione in cui, dopo essere andati incontro a parole ad alcune delle richieste del popolo in rivolta, si rifiuta apertamente ogni tipo di violenza, anche quella contro le forze di polizia e, ovviamente, quella contro i palazzi del governo. Data la brutalità con cui la polizia bosniaca ha gestito le proteste dei lavoratori nel primo giorno di dimostrazioni a Tuzla, è ironico vedere questa difesa delle forze di polizia da parte del governo statunitense. E' forse una coincidenza che Stefan Füle, Commissario Europeo per l'Allargamento e per la Politica Europea con gli Stati Vicini, abbia scoraggiato ogni tipo di ricorso alla violenza? Certo che no! L'imperialismo è ben consapevole che nel momento in cui gli eventi dovessero prendere un corso più intenso, ne potrebbe nascere una situazione rivoluzionaria e per questo avverte i lavoratori e i giovani della Bosnia-Herzegovina che non permetterà alcun rovesciamento violento del sistema politico!
Arrivando sulla scia del rovesciamento del governo rumeno, dei lunghi mesi di manifestazioni in Bulgaria, delle massicce proteste contro le condizioni economiche in Slovenia, della rivolta del 2008 e della cruciale fase di lotta di classe tra il 2010 ed il 2013 contro la Troika e i vari governi in Grecia e degli spettacolari eventi di Gezi Park, una vera ribellione di popolo, nella scorsa estate in Turchia, l'insurrezione in Bosnia-Herzegovina acquista un significato ulteriore. I Balcani sono scossi dal fervore rivoluzionario. E' la classe operaia, insieme con la giovane generazione di questa sfortunata regione, che riunirà il multiforme spettro dei popoli di questa area e lo farà con e attraverso l'attività rivoluzionaria!
SOLIDARIETA' CON LA CLASSE OPERAIA E LA GIOVANE GENERAZIONE DI BOSNIA ED ERZEGOVINA!
CONTRO LA NUOVA BORGHESIA SACCHEGGIATRICE E RESTAURATRICE DELLA BOSNIA E DI TUTTE LE EX REPUBBLICHE JUGOSLAVE!
POTERE ALLA CLASSE OPERAIA BOSNIACA!
PER UNA FEDERAZIONE SOCIALISTA DEI BALCANI!
PER GLI STATI UNITI SOCIALISTI D'EUROPA!
VIVA LA RIVOLUZIONE MONDIALE!


Workers Revolutionary Party (EEK, Greece)
Revolutionary Workers’ Party (DIP, Turkey)
Balkan Socialist Center Christian Rakovsky
Partito Comunista dei Lavoratori (PCL, Italy)