venerdì 3 aprile 2015

DA MAFIA CAPITALE ALLE GRANDI OPERE INUTILI

A
La coop non sei (più) tu





di Michele Terra
1 Aprile 2015
Le vicende di Roma Mafia Capitale, così come altri piccoli-medi-grandi scandali locali, hanno portato alla ribalta il ruolo non proprio limpido di quello che fu il mondo delle cosiddette cooperative rosse, che nel corso degli ultimi decenni ha conosciuto una radicale modifica di senso, prospettive e valori.
Il mondo antico
C'era una volta, come in una bella favola per bambini, il movimento cooperativo che nasceva da una costola del movimento dei lavoratori, della terra così come delle fabbriche, per porsi sul terreno del miglioramento immediato delle condizioni di vita del proletariato. E' una storia lunga quella del movimento cooperativo in Italia, che affonda le sue radici nella fine dell'800 – ma alcune forme più primitive sono addirittura antecedenti – per aumentare la propria consistenza nei decenni del '900, di pari passo all'avanzare delle forme politiche e sindacali organizzate delle classi subalterne. Sono due le grandi categorie della cooperazione: le coop di consumo, che si pongono il problema di fornire ai soci beni di prima necessità – in primo luogo cibo - a prezzi calmierati rispetto il c.d. libero mercato; le coop di produzione-lavoro che associando lavoratori, spesso con varie specializzazioni, servono beni e servizi. Accanto a questi due tipi di coop si sviluppa il mutuo soccorso, con l'obiettivo, dietro il pagamento di basse quote associative, di garantire le prime forme di assistenza e previdenza sociale per i lavoratori e le loro famiglie. Ma il movimento cooperativo non rimarrà un fenomeno del mondo proletario e socialista; intuendone l'importanza in termini di aggregazione e consenso sociale, anche i cattolici, su iniziativa diretta della chiesa, si porrà sullo stesso terreno: arrivano così le cooperative bianche, che in più di un'occasione si porranno in contrapposizione ai “rossi”, a volte diventando strumenti operativi di crumiraggio contro gli scioperanti.
L'immagine del nuovo potere cooperativo
Il Novecento – con la maiuscola – delle lotte di classe, della battaglia del proletariato organizzato per il socialismo, per il mondo delle cooperative rosse è davvero finito e si è trasformato nel suo contrario esatto. Peraltro buona parte di questa mutazione delle coop verso il mondo del profitto anticipa la fine politica del PCI, in qualche misura ne è probabilmente anche agente attivo. E' passato tanto tempo da quando nell'ultimo dopoguerra le coop erano ancora strumento ed elemento propulsore del movimento operaio e dei lavoratori. Vogliamo ricordare che nei primi anni '60 a presiedere la Lega delle Cooperativa fu un certo Silvio Paolicchi, dirigente nazionale del PCI e membro del Comitato Centrale, che, da comunista e rivoluzionario coerente, poco tempo dopo aderirà al trotskismo conseguente, rimanendone militante per il resto della vita. Oggi il potere economico del mondo cooperativo che fu rosso svetta alto nel cielo di Bologna e si specchia simbolicamente nel suo omologo potere politico. Nel moderno – addirittura avveniristico quando fu progettato - quartiere fieristico della città, la torre bianca della Legacoop si riflette a poche decine di metri nella sua copia ospitante la giunta e la presidenza della Regione Emilia-Romagna. La stessa morfologia della città è stata in parte modificata dalla megalomania edilizia dell'élite cooperativa. Appena fuori dal centro storico troviamo Porta Europa, vero mostro architettonico, di proprietà Unipol (assicurazione da sempre legata al PCI e al mondo cooperativo, ora anche banca, che si è sviluppata e sostituita ai vecchi mutui soccorso) che, oltre a contenere parte della direzione del gruppo, ospita al suo interno uno dei ristoranti più esclusivi della città: a coperto sono circa 150 euro bevande escluse. Poco distante si lancia verso l'infinito la torre Unipol, il grattacielo più alto della regione, ben visibile da chi attraversi l'autostrada. Nella periferia opposta si trova il palazzone di vetro del famigerato CCC: Consorzio della Cooperative Costruttrici, i signori del mattone rosso, l'equivalente cooperativo dei volgarmente noti palazzinari. I vecchi e storici insegnamenti sono stati appresi senza fatica e senza remore dalla dirigenza cooperativa e dai suoi grandi manager che, forse, in gioventù furono rossi e progressisti. Pecunia non olet potrebbe essere il titolo di un convegno della Legacoop o il motto di una campagna pubblicitaria del CCC. Non c'è schifezza o vergogna italiana degli ultimi anni in cui le grandi e medie coop non siano coinvolte: dalla Tav in Val di Susa all'ampliamento dell'aeroporto militare Nato di Vicenza; dallo sventramento delle vie del centro storico bolognese per le opere stradali e murarie dell'originale tram su gomma di produzione Fiat (una grande opera “casualmente” bipartisan: agli Agnelli e Marchionne i mezzi, alle coop i cantieri), per arrivare all'Expo milanese, e così via.
Gli affari sono affari e non si guarda in faccia a niente e a nessuno. Qualche mese fa è stato fondato il nuovo giornale, cartaceo e online, La Croce Quotidiano, di chiara matrice integralista cattolica, diretto dall'ex deputato Pd Mario Adinolfi. La nuova testata dichiaratamente omofoba e reazionaria nel momento del lancio ha trovato tra i suoi inserzionisti di punta l'assicurazione on line Dialogo, del gruppo Unipol. Le condizioni dei lavoratori delle coop sono andate via via peggiorando allineandosi a quelle di mercato. Cosi per anni ai soci lavoratori veniva trattenuta una quota di stipendio per pagare la propria quota sociale e solo in anni recenti sono stati riconosciuti loro i diritti sindacali, che inizialmente venivano loro negati in quanto – astrattamente e teoricamente – cooperatori e quindi padroni di sé stessi. Mentre negli ultimi tempi è emerso con forza, grazie all'intervento del sindacalismo di base – in primis il SI.Cobas – presso i lavoratori in gran parte migranti lo scandalo delle coop di facchinaggio della logistica. Una situazione di supersfruttamento tale da mettere in imbarazzo ad un certo punto la stessa Legacoop che ha cominciato parlare di cooperative spurie. Ad osservatori attenti nulla di ciò meraviglia. Il ministro del Lavoro Poletti, uomo dell'ex PCI e proveniente dai vertici del mondo cooperativo, è il padre del nuovo Jobs act e le sue nuove proposte di lavoro non retribuito per gli studenti nel periodo estivo dimostrano più di tutto la logica lavorista e iper sfruttatrice che muove il personaggio, sicuro retaggio dell'ambiente di provenienza.
Finalmente come tutti

Del vecchio spirito cooperativo resta ormai poco. Certo nelle Coop legate alla grande distribuzione le condizioni di lavoro e contrattuali sono ancora migliori (o forse meno peggio) degli omologhi delle catene di discount; certo anche lo smercio dei prodotti alimentari – e non solo – a marchio Coop mantiene certe attenzioni assenti in altre catene, ma questo avviene anche grazie ancora ad una certa partecipazione e sorveglianza dei soci consumatori che comunque rimangono il marchio distintivo di questo mondo. Ma tristemente basta entrare in un supermercato o ipermercato coop e poi andare in un discount per vedere ad occhio nudo quale sia la differenza di classe o di ceto fra i clienti. Intanto rispetto ai soci consumatori o lavoratori i dirigenti sono veri e propri manager, come tali vengono pagati, come tali agiscono nei confronti dei loro sottoposti e come tali trattano alla pari con i loro omologhi dell'imprenditoria e del padronato. All'omologazione politica totale degli esponenti dell'ex PCI è corrisposta un'analoga operazione della dirigenza cooperativa. Finalmente la tanta normalità ambita dai dirigenti della sinistra storica italiana è avvenuta, in una sorta di mutazione neodemocristiana, si può dire che ce l'abbiano fatta, per dirla con Nenni sono entrati nella stanza dei bottoni, ma sono riusciti ad andare oltre: anche loro rubano e sfruttano, sono corrotti e corruttori. La foto della cena di Poletti e Buzzi insieme ad Alemanno e ad altri personaggi di dubbia moralità è paradigmatica, dovrebbero stamparla sulle tessere del Pd di quei signori che vanno a cena – per mille euro a coperto – con Renzi per finanziare il partito. Le stesse facce e storie che stanno al governo mostrano le alleanze e i blocchi del potere economico: Poletti per le Coop al lavoro, Federica Guidi per Confindustria allo sviluppo economico, Lupi (seppur recentemente trombato) alle infrastrutture, quindi alle grandi opere, per conto dell'imprenditoria cattolica, in primis Compagnia delle Opere. Alla tavola imbandita dei nemici di classe si è aggiunto un posto: quello dei grandi manager cooperativi. I comunisti rivoluzionari sapranno come porsi il problema di sbaragliare la cricca di Poletti e soci. Oggi la coop sono loro, ma non è detto che sia per sempre.