25 APRILE 2016: UNA
RIVOLUZIONE PER VENDICARE LA RESISTENZA TRADITA
Nel 1943/'45,
la resistenza partigiana e la rivolta operaia presentarono il conto alla
dittatura fascista. In quella rivolta, di cui fu prima protagonista la giovane
generazione di allora, non viveva però solamente un'aspirazione democratica.
Viveva la volontà di farla finita con la borghesia italiana che si era servita
del fascismo. Viveva la volontà di rovesciare il capitalismo e di imporre il
potere dei lavoratori. Era la speranza della “rossa primavera” delle canzoni
partigiane.
UNA
RESISTENZA TRADITA DA STALIN E TOGLIATTI
Quella
volontà fu tradita. Stalin aveva pattuito con gli imperialismi vincitori una
spartizione in zone d'influenza. L'Italia doveva restare nel campo capitalista,
in Occidente, per il quieto vivere della burocrazia del Cremlino. Il PCI di
Togliatti fu fedele esecutore della volontà di Mosca. La Resistenza partigiana
fu dunque subordinata alla collaborazione con la DC e coi partiti borghesi
dando a questi poteri di veto (CLN). I governi di unità nazionale tra DC e PCI
nell'immediato dopoguerra furono lo sbocco di questa linea e la proseguirono:
disarmarono i partigiani, restituirono le fabbriche ai capitalisti (Valletta),
reinsediarono i vecchi prefetti, amnistiarono persino gli sgherri fascisti
(amnistia del ministro di grazia e giustizia Palmiro Togliatti del 1947). Fu il
tradimento della Resistenza. La Costituzione del 1948, pattuita tra DC e PCI,
declamando principi progressisti, serviva a mascherare questo tradimento. Come
disse Piero Calamandrei: una rivoluzione promessa in cambio di una rivoluzione
mancata. Intanto le classi capitaliste, restaurato il proprio potere,
cacciarono il PCI all'opposizione (perché non ne avevano più bisogno) e
passarono all'offensiva contro i lavoratori, le lavoratrici, i comunisti:
reparti confino nelle fabbriche, repressione sanguinosa di manifestazioni
sindacali, la lunga reazione degli anni '50.
L'AUTUNNO
CALDO SVENDUTO AL COMPROMESSO STORICO
Quando
vent'anni dopo la Resistenza una nuova generazione operaia rialzò la testa, con
la grande ascesa dell'autunno caldo e le sue conquiste sociali e democratiche
('69/'76), fu nuovamente il PCI a sbarrarle la via con una seconda edizione del
compromesso storico governativo con la DC ('76/'78): svolta sindacale di
austerità e sacrifici (congresso dell'Eur della CGIL di Lama), subordinazione
delle richieste operaie alle compatibilità del capitalismo, identificazione con
lo Stato borghese. Il risultato fu una demoralizzazione di massa, un lungo
ripiegamento, una diffusa passivizzazione. Cui seguì l'offensiva frontale della
Fiat e del padronato contro il movimento operaio sul piano sociale (ottobre
1980) e l'ascesa del craxismo sul piano politico. La seconda Repubblica nata
dal crollo del Muro di Berlino e dalle ceneri di Tangentopoli sarà lo sbocco di
questa deriva reazionaria. Nel segno della progressiva cancellazione delle
conquiste operaie.
IL
TRASFORMISMO A SINISTRA NELLA SECONDA REPUBBLICA
Molta
acqua è passata sotto i ponti dalla Resistenza ad oggi, anche e soprattutto a
sinistra. Ma in continuità, purtroppo, con l'opportunismo di allora.
Il
gruppo dirigente del PCI, che aveva tradito prima la Resistenza e poi l'autunno
caldo, sciolse il proprio partito a ridosso del crollo dell'URSS per coronare
in forma compiuta il proprio sogno proibito: entrare a pieno titolo nel governo
del capitalismo italiano e gestirne le misure antioperaie. Fu ciò che avvenne,
lungo una interminabile stagione trasformista - dal PCI al PDS ai DS sino al PD
- che oggi ha conosciuto il suo epilogo: quel renzismo che apertamente persegue
un disegno reazionario bonapartista di uomo solo al comando al servizio di
Marchionne, nel segno della rottura più clamorosa dello stesso patto
costituzionale.
Parallelamente,
Rifondazione Comunista, nata nei primi anni '90 in reazione allo scioglimento
del PCI come “il cuore dell'opposizione”, è stata condotta dai propri gruppi
dirigenti nel compromesso di governo con DS/PD, sia nelle giunte locali, sia,
ripetutamente, nei governi nazionali (governi Prodi), finendo col votare la
precarizzazione del lavoro, le missioni di guerra, i tagli sociali. Tutto ciò
contro cui formalmente era nata. Col conseguente suicidio.
La
risultante di tutto questo è molto semplice: la classe lavoratrice si trova
priva di una propria rappresentanza politica proprio nel momento della più
grande crisi capitalistica degli ultimi ottanta anni. Proprio nel momento della
peggiore offensiva padronale nei luoghi di lavoro, e della peggiore aggressione
reazionaria sul piano politico e istituzionale. Il dilagare, anche tra i
lavoratori, delle forme più deteriori di populismo reazionario (Salvini,
Grillo) è un effetto di questa deriva generale.
L'UNICO
MODO DI ONORARE LA RESISTENZA: COSTRUIRE LA SINISTRA CHE NON TRADISCE
Se
tutto questo è vero, la conclusione è una sola. Va ricostruito, controcorrente,
un partito indipendente della classe lavoratrice. Ma può essere costruito solo
attorno a un programma anticapitalista, fuori e contro quel trasformismo
governista che ha corrotto la lunga storia della sinistra italiana. I
lavoratori non hanno bisogno dell'ennesimo partito che chiede i voti operai per
poi tradirli. Non hanno bisogno dell'ennesimo partito “riformista”, la cui
unica ambizione sia governare il capitalismo, salvo poi una volta al governo
gestire regolarmente le controriforme sociali che la crisi capitalista dispensa
(Tsipras). Hanno bisogno finalmente di una sinistra che non tradisca: che
riconduca ogni lotta di resistenza ad una prospettiva alternativa di società e
di potere. L'unica reale alternativa al fallimento del capitalismo: una
alternativa rivoluzionaria e socialista, in Italia e nel mondo.
Per
questo, costruire il Partito Comunista dei Lavoratori è il modo migliore di
onorare la memoria delle domande rivoluzionarie della Resistenza.
Partito Comunista dei Lavoratori