LEGGE ELETTORALE E DEMOCRAZIA BORGHESE
CONTRO LA GOVERNABILITA', UNA BATTAGLIA DI CLASSE PER LA RAPPRESENTANZA
L'attuale
proposta di legge elettorale Renzi/Berlusconi è peggio di una legge
truffa ordinaria. E' una provocazione reazionaria.
Il
diritto negato di preferenza è solo un aspetto limitato della
questione. E' un aspetto significativo, naturalmente, perchè è
mirato a concentrare il massimo potere di comando e controllo delle
segreterie di PD e PDL sui propri gruppi parlamentari e partiti: a
beneficio di Renzi, contro la minoranza interna minacciata di
epurazione; e di Berlusconi, contro le spinte centrifughe che
albergano in Forza Italia e la concorrenza elettorale di NCD e dei
suoi clan, spesso più radicati sul territorio. Questo fatto spiega
perchè il punto delle preferenze è diventato il principale pomo
della discordia nei due cantieri del bipolarismo, in particolare nel
PD.
Ma
questo aspetto fa velo su enormità ben più grandi, dal punto di
vista democratico.
La
combinazione di un premio di maggioranza del 18% a partire dal 35% di
coalizione; dell'elevamento delle soglie di sbarramento all'8% per
l'accesso in Parlamento di liste indipendenti; dell'innalzamento al
5% delle soglie di sbarramento per le stesse liste interne alla
coalizione; del calcolo dei voti delle liste escluse dalla
rappresentanza a favore dei partiti rappresentati; del ballottaggio
tra le due coalizioni più votate sotto il 35% ,senza soglie di
riferimento; produce, nel suo insieme, una risultante molto
semplice: un partito del 20% (o poco più) può giungere virtualmente
a ottenere una maggioranza assoluta del Parlamento, con un premio di
maggioranza del 30% (!). Come e più del famigerato Porcellum. Come e
più della legge Acerbo varata dai fascisti nel 1923 (che assicurava i
due terzi del parlamento per chi avesse raggiunto il 25% dei voti, ma
non prevedeva né soglie di sbarramento, né il ballottaggio tra i
due più votati sotto il 25%). L'accordo “storico” Renzi /
Berlusconi è questo: non solo la spartizione del comando nei
rispettivi schieramenti ma la spartizione e contesa di un'enorme
massa di elettori privati del diritto di rappresentanza. Secondo la
logica maggioritaria degli ultimi 20 anni, ma peggio che negli ultimi
20 anni.
“Viva
Matteo”, grida entusiasta la grande stampa borghese, liberale o
reazionaria che sia. Larga parte degli ambienti borghesi
“antiberlusconiani” (v. La Repubblica) che avevano denunciato gli
orrori del Porcellum varato da Berlusconi, benedicono una legge
analoga e peggiore quando viene promossa da Renzi a beneficio di
Renzi. Al punto da assolvere come spiacevole necessità la stessa
resurrezione del suo sodale Berlusconi quale padre della Patria. Nel
migliore dei casi traspare il dubbio (fondato) che lo stesso
Berlusconi possa un domani avvantaggiarsi delle “virtù” della
legge. Ma appare un dettaglio, a fronte della luce radiosa di una
nuova possibile “governabilità”.
Questa
è infatti la chiave di lettura: il primato della governabilità
borghese su ogni altro “valore” o considerazione. Sulla bocca di
tanti specchiati “democratici”, il principio democratico di
rappresentanza è nulla, la governabilità del capitalismo è tutto.
E siccome nell'epoca della grande crisi capitalista i partiti di
governo attraversano fisiologicamente una profonda crisi di consenso
presso la maggioranza della società, c'è un solo modo per
perpetuare la rapina dei capitalisti e dei banchieri: consentire un
governo senza consenso della maggioranza. Questo è lo scopo delle
diverse ingegnerie elettorali. Lo stesso dibattito accademico per lo
più tratta la materia della legge elettorale in funzione del
governo, non della rappresentanza. La rappresentanza è un impaccio
residuale, come spiega il politologo D'Alimonte sul quotidiano di
Confindustria.
Tutto ciò non accade solo in Italia, come dimostra la fisiologia maggioritaria delle diverse leggi elettorali operanti negli altri paesi capitalisti, dalla monarchica Inghilterra alla V Repubblica francese. Ma tanto più si manifesta oggi in Italia a fronte di una crisi politica e istituzionale senza paragone tra i paesi imperialisti e di un programma annunciato di lacrime e sangue particolarmente pesante alle soglie del Fiscal Compact. Come poter imporre nei prossimi anni e decenni a una maggioranza esangue di lavoratori e popolazione povera gli ulteriori sacrifici pretesi dalle grandi imprese, dal capitale finanziario, dall'Unione Europea dei capitalisti e dei banchieri? Come poterlo fare dentro una cornice formalmente costituzionale e “democratica”, basata sul suffragio universale? La risposta è semplice: plasmando la democrazia borghese e la stessa Costituzione borghese secondo le esigenze sempre più vincolanti del capitale in crisi. Questo è stato il codice delle riforme elettorali e istituzionali della seconda Repubblica, dall'introduzione del maggioritario al pareggio di bilancio in Costituzione. Oggi il renzismo mira a concludere la lunga transizione con una “soluzione” che vorrebbe essere stabile, organica, definitiva. A questo plaude la borghesia italiana, dopo anni di crisi politica e di convulsioni istituzionali.
Tutto ciò non accade solo in Italia, come dimostra la fisiologia maggioritaria delle diverse leggi elettorali operanti negli altri paesi capitalisti, dalla monarchica Inghilterra alla V Repubblica francese. Ma tanto più si manifesta oggi in Italia a fronte di una crisi politica e istituzionale senza paragone tra i paesi imperialisti e di un programma annunciato di lacrime e sangue particolarmente pesante alle soglie del Fiscal Compact. Come poter imporre nei prossimi anni e decenni a una maggioranza esangue di lavoratori e popolazione povera gli ulteriori sacrifici pretesi dalle grandi imprese, dal capitale finanziario, dall'Unione Europea dei capitalisti e dei banchieri? Come poterlo fare dentro una cornice formalmente costituzionale e “democratica”, basata sul suffragio universale? La risposta è semplice: plasmando la democrazia borghese e la stessa Costituzione borghese secondo le esigenze sempre più vincolanti del capitale in crisi. Questo è stato il codice delle riforme elettorali e istituzionali della seconda Repubblica, dall'introduzione del maggioritario al pareggio di bilancio in Costituzione. Oggi il renzismo mira a concludere la lunga transizione con una “soluzione” che vorrebbe essere stabile, organica, definitiva. A questo plaude la borghesia italiana, dopo anni di crisi politica e di convulsioni istituzionali.
Contro
la legge truffa Renzi/Berlusconi è necessario innanzitutto il più
ampio fronte unico di lotta di tutte le sinistre politiche,
sindacali, di movimento, a partire da una grande manifestazione
nazionale di massa.
Ma
questa lotta deve ricondurre il terreno democratico a una
riconoscibile ragione di classe, anticapitalista, rivoluzionaria. La
rivendicazione di una legge elettorale pienamente e integralmente
proporzionale (una testa un voto, uguaglianza tra i voti, tanti voti
tanti seggi) è una battaglia elementare di democrazia, che nasce
storicamente col movimento operaio oltre un secolo fa, contro le
leggi maggioritarie / censitarie del liberalismo borghese. Quella
battaglia recupera oggi una straordinaria attualità nel momento in
cui il liberalismo borghese, sotto la pressione della crisi
capitalista, tende a tornare al primo 900 non solo nelle politiche
sociali ma negli stessi assetti istituzionali.
Per
questa stessa ragione, tale battaglia può essere sviluppata sino in
fondo e coerentemente solo nella prospettiva di un governo dei
lavoratori e di una Repubblica dei lavoratori. I lavoratori, i
precari, i disoccupati non hanno nulla da guadagnare, ma solo da
perdere, dalla governabilità del sistema che li sfrutta. L'unica
“governabilità” che li può interessare è quella che si basa
sulla loro organizzazione e la loro forza: cioè sul loro potere.
23 gennaio 2014
23 gennaio 2014