domenica 4 maggio 2014

Primo Maggio ad Istanbul un campo di battaglia

1 may3 Maggio 2014
Dopo la rivolta popolare dell’estate scorsa, dopo l’immensa crisi statale causata dallo sfaldamento del blocco di potere islamico nel dicembre 2003, dopo le elezioni locali che hanno dato una nuova prospettiva di vita al primo ministro Erdogan ed al governo del suo AKP, il Primo Maggio ad Istanbul diventa un campo di battaglia tra le forze governative, da una parte, e l’avanguardia della classe lavoratrice e delle forze della sinistra, dall’altra.
Al centro del conflitto c’era la disputa su piazza Taksim. Tradizionalmente il centro della città in ogni parte del mondo, come Time Square a New York, lo Zocaló a Città del Messico, la Plaza de Mayo a Buenos Aires, Piazza Syntagma ed Atene o Tahrir al Cairo, anche Taksim lo è da quasi mezzo secolo, ossia da quando il movimento dei lavoratori e socialista è divenuto un fenomeno di massa, la Mecca della classe operaia e delle manifestazioni socialiste. Questo è vero in particolar modo dal 1977, quando durante un grande raduno del movimento dei lavoratori durante il Primo Maggio, le provocazioni dei servizi segreti e l’attività dei cecchini fecero almeno 33 morti. Sempre, da allora, piazza Taksim è diventata il pomo della discordia tra i settori avanzati del movimento di classe e del movimento socialista da una parte, e le forze repressive dello stato borghese dall’altra.
La dittatura militare degli anni ’80 riuscì a chiudere la piazza alle manifestazioni della sinistra (mentre si tollerava ogni altro genere di manifestazioni, spaziando dalle celebrazioni sportive ai raduni islamisti e fascisti, se in via informale). Il presunto governo democratico degli anni ’90 e dei primi anni del 2000 prese in consegna questa pratica come un “guadagno”, per così dire, delle classi dominanti e continuò ad applicare lo stesso divieto.
A partite dal 2007, il 30° anniversario del massacro del Primo Maggio, i settori avanzati della classe operaia rivolsero lo sguardo ancora una volta verso piazza Taksim. Il Primo Maggio del 2008 e del 2009 ci furono battaglie campali in tutta l’area intorno a Taksim, quando tentavamo di entrare nella piazza mentre la polizia era irremovibile nel vietarla. Il 2010 portò una piccola vittoria al movimento dei lavoratori e socialista, quando per l’intensificarsi della pressione e cercando un ulteriore supporto per il referendum costituzionale che avrebbe avuto luogo in autunno, il governo dichiarò il Primo Maggio festa nazionale ed aprì piazza Taksim alle celebrazioni. Sono seguiti tre anni di celebrazioni trionfali. Sono state occasioni durante le quali centinaia di migliaia di persone si sono riunite, inclusi gli elementi più arretrati del movimento sindacale, in festa, ma in un atmosfera di riconciliazione con il governo e col capitalismo.
Poi è arrivato il 2013, di nuovo un punto di svolta. Questa occasione è stata infatti il preludio agli eventi di Gezi Park e della rivolta popolare. Con la scusa che piazza Taksim era un cantiere per la ristrutturazione conseguente ai piani orientati a trasformare il parco, adiacente alla piazza stessa, in un centro commerciale, il governo ha vietato nuovamente le manifestazioni a Taksim. Noi abbiamo lottato ma abbiamo perso. Il DIP era lì, con il suo striscione principale con su scritto “Taksim diventerà Tahrir” (il centro della rivoluzione egiziana) ed il suo slogan principale che diceva in aggiunta a questo “la classe lavoratrice vincerà”. Taksim naturalmente p diventata una semi-Tahrir, come tutti sanno, solo un mese dopo, la notte del 31 maggio 2013, quando sotto l’incessante pressione di una rivolta delle masse popolari, il governo è stato costretto a mettere in ritirata la polizia e lasciare l’intera piazza e Gezi Park al movimento. Ci siamo tutti accampati lì, abbiamo fatto una tendopoli, formato la Comune di Gezi, per così dire, e tenuto fuori la polizia per due settimane. Quello è stato l’apice della rivolta popolare, che ha ottenuto fama internazionale come movimento di Gezi.
I fantasmi di Gezi fanno visita ad Erdogan
Quest’anno non c’era nessun cantiere nella piazza. Ma lo spettro della rivolta popolare si aggira ancora per la Turchia! Erdogan è stato sconfitto tre volte dalla rivolta di Gezi. A livello locale, ossia di Istanbul, perché ha dovuto rinunciare ai suoi piani di ristrutturare del tutto piazza Taksim costruendo un centro commerciale al posto di Gezi Park ed una moschea nelle vicinanze (che sarebbe stata una mossa altamente simbolica nel rappresentare l’islamismo liberale del AKP). A livello nazionale perché ha dovuto abbandonare i suoi piani di riformare la costituzione, trasformando il tradizionale sistema parlamentare turco in un sistema presidenziale o semi-presidenziale per poi salire alla presidenza egli stesso. (Potrebbe ancora diventare presidente della repubblica, non presidente nel senso statunitense, ma con poteri più limitati rispetto a quanto sognava). A livello internazionale perché essendo una delle principali forze motrici della rivolta popolare la minoranza alevita, i cui fratelli sono sotto la minaccia dei massacri in Siria da parte dei fondamentalisti sunniti supportati da Erdogan, il governo dell’AKP, ha dovuto rinunciare a qualsiasi progetto che possa aver avuto di far scoppiare la guerra con la Siria.
La rivolta popolare è stata anche il terreno da cui è nata la tumultuosa spaccatura nel blocco di potere islamista modellatosi nei primi anni del 2000, da cui proviene il governo dell’AKP con il suo regno ora al suo 12° anno di vita. L’imam Fethullah Gulen e la sua comunità hanno scandalosamente abbandonato Erdogan, usando l’influenza della polizia e della magistratura è stato loro concesso dallo stesso Erdogan di esporre la corruzione totale in cui il governo dell’AKP è sprofondato durante i suoi anni di potere.
Così Erdogan teme come la peste una riedizione della rivolta popolare di Gezi. Ecco perché quest’anno egli ha dichiarato, la sera prima del Primo Maggio, che Taksim sarebbe stata vietata per sempre. Tutte le manifestazioni dovevano tenersi in una striscia di terra che è stata aggiunta al paesaggio urbano a seguito di un riempimento del mare. E’ in posto in mezzo al nulla, dove le masse possono solo toccare i cuori dei leggendari gabbiani di Istanbul e cantare verso le Isole dei Principi!
Naturalmente il movimento dei lavoratori e socialista non hanno ceduto. Il risultato è stata una lunga battaglia intorno a piazza Taksim, che è durata per ore ed ore e che si è estesa non solo nei distanti quartieri proletari, ma anche nelle eleganti aree borghesi a nord della città.
Il DIP in prima linea nella lotta contro il governo reazionario
Beikta, un quartiere progressista con un alto livello di alloggi per studenti ed una squadra di calcio locale il cui fan club è stato forse la forza più efficace nei fatti di Gezi, è diventato il fulcro della battaglia campale combattuta dalle forze di sinistra contro le forze della repressione. E qui si potrebbe dire, senza rischio di esagerare, che il DIP, la sezione turca del CRQI, è stato in prima linea, ovviamente insieme ad altre forze socialiste, nell’intera battaglia per spingere indietro la polizia, per abbattere le sue barricate ed aprire la strada verso Taksim.
Quando l’avanguardia, premendo dalle vie laterali verso il viale principale che porta da Beikta a Taksim, ha spinto indietro la polizia e fatto spazio perchè grandi masse di persone si incolonnassero su quel viale, il simbolo speciale del DIP, un’enorme falce e martello di gommapiuma, era alla testa della colonna e, con tanti militanti del DIP, ognuno con una bandiera in mano, abbiamo combattuto implacabilmente gli idranti della polizia. La foto che mostra la falce e martello combattere contro l’idrante della polizia dovrebbe essere considerata una nuova aggiunta al folklore di sinistra turco. La “donna in rosso” di Gezi Park, che ha resistito coraggiosamente ai gas lanciati dalla polizia, è ora unita alla falce e martello che il militante del DIP tiene alta di fronte al getto d’acqua pressurizzata che gli viene gettato addosso.
Il CRQI (DEYK nel suo acronimo turco) era presente negli slogan che i militanti del DIP hanno scritto sui muri, sulle porte dei garage, nei tabelloni e da altre parti durante l’evento.
Abbiamo un compagno colpito in fronte da un proiettile di plastica, fortunatamente non è ferito gravemente, molti sono stati colpiti in varie parti del corpo con capsule di gas (l’arma letale che ha ucciso, tra gli altri, Berkin Elvan, il quindicenne martire di Gezi), una compagna che è caduta nel fuggi fuggi ed è stata ricoverata in ospedale, e molti la cui pelle è stata bruciata dalle sostanze chimiche contenute nei getti d’acqua che gli idranti della polizia hanno gettato addosso ai manifestanti.
Ma tutti sono felici, consapevoli di aver fatto il proprio dovere e che certamente i frutti di questa lotta saranno colti al momento opportuno. Che nessuno dimentichi questo: il Primo Maggio 2013 è stata la polizia a tenerci fuori fa piazza Taksim. Una vittoria tattica per loro, ed una sconfitta tattica per noi. Il primo giugno 2013, un mese dopo quel giorno, siamo stati noi a mandare via a calci la polizia dalla piazza. Una vittoria tattica per noi ed una sconfitta tattica per loro, potremmo dire simmetricamente ma erroneamente. No, un’importante sconfitta strategica per la polizia, l’AKP ed Erdogan. Per qualche tempo, niente sarà più come prima nella lotta di classe in Turchia. Questo è stato dimostrato nuovamente oggi, se ce n’era bisogno. Mentre lo scorso anno la resistenza fatta dal movimento è stata troppo debole e mite, quest’anno l’intero movimento ha combattuto con maggiore coraggio ed in maniera più numerosa.
Alla fine vincerà la classe lavoratrice e la sua avanguardia!

Sungur Savran
Segretario Partito Operaio Rivoluzionario (Turchia). D.I.P.