LO
SCONTRO ALITALIA DI NUOVO SPARTIACQUE
27
Luglio 2014
La
vicenda Alitalia torna sul fronte della lotta di classe. Oggi come
ieri con funzioni di laboratorio generale.
2008:
IL SACCHEGGIO CAPITALISTICO DI ALITALIA, IN SALSA TRICOLORE
Nel 2008, lo scontro Alitalia svolse una funzione di spartiacque.
Nel 2008, lo scontro Alitalia svolse una funzione di spartiacque.
La
compagnia fu svenduta a una cordata tricolore di capitalisti e
banchieri con grande squillo di fanfare. Capitalisti e banchieri (a
partire da Unicredit e Banca Intesa) chiesero e ottennero come
condizione d'acquisto due semplici cose. Innanzitutto il
trasferimento dell'enorme debito della vecchia compagnia sulle tasche
dei contribuenti (cioè in larga parte dei lavoratori italiani),
attraverso l'operazione “bad company”. Parallelamente, la
cancellazione di 10000 posti di lavoro, con la copertura di una cassa
in deroga straordinaria, e il drastico peggioramento delle condizioni
di lavoro dei dipendenti sopravvissuti. Fu per alcuni aspetti una
svolta. Per la prima volta si sancì il principio della derogabilità
del contratto nazionale in caso di crisi aziendale. E lo si fece
esattamente all'atto di apertura della grande crisi capitalistica
internazionale e della profonda recessione italiana. Fu uno
sfondamento pilota, che farà scuola negli anni successivi, a partire
dalla FIAT, sino ad essere incorporato negli accordi di concertazione
e nella legislazione sul lavoro.
Sei
anni dopo, punto e a capo. Non solo non si è realizzato l'annunciato
rilancio della compagnia, “grazie a privatizzazione e logica di
mercato”, ma proprio la crisi capitalistica del mercato ha
affondato la nuova compagnia: competizione compagnie low cost,
concorrenza ferroviaria sulle tratte nazionali centrali a sua volta
sospinta da liberalizzazioni e privatizzazioni, riduzione secca della
domanda connessa alla crisi generale, concorrenza accresciuta di
compagnie estere, europee ed asiatiche, anch'esse ristrutturate e
alleggerite nei “costi”..
2014:
IL NUOVO BANCHETTO DEI CAPITALISTI CONTRO I LAVORATORI DELLA
COMPAGNIA
Da
qui il nuovo capitolo del saccheggio capitalistico dell'Alitalia e
dei suoi lavoratori. Il copione si ripete, ma in un quadro
peggiorato.
I
principali soci Alitalia (Intesa San paolo, Unicredit, Monte dei
Paschi, Immsi di Colaninno, Atlantia di Benetton) non reggono la
precipitazione del passivo della compagnia (569 milioni di perdite
nel solo 2013). Le banche in particolare, strette dalla crisi
generale e dai problemi di capitalizzazione, chiedono soccorso
pubblico. Il governo Letta provvede con l'ingresso di Poste Italiane
(a loro volta largamente privatizzate) nel capitale azionario
dell'azienda, quale azionista di controllo: i risparmi pubblici,
drenati dalle poste, vanno a soccorso delle banche. Ma l'apporto
finanziario non è sufficiente. E' “necessario un coinvolgimento
estero” determinante. Si fa avanti la compagnia araba Etihad. Tutti
la salutano come “salvatrice” della compagnia e “ultima
spiaggia” con lo stesso entusiasmo propagandistico con cui avevano
salutato... i “salvatori” della CAI nel 2008. Ma i capitalisti
arabi, come i capitalisti di ogni paese e bandiera, pongono
condizioni. Guarda caso le stesse condizioni poste dai salvatori del
2008: abbattimento dei debiti pregressi, riduzione dei posti di
lavoro, certezza della pace sociale.
Capitalisti
e banchieri italiani non hanno certo difficoltà ad accettare. Salvo
lo sgomitamento furioso fra banche e Poste sulle rispettive
contribuzioni all'aumento di capitale (250 milioni) e su come
spartirsi l'onere dei debiti. Ma i lavoratori?
Governo,
banche, capitalisti italiani e arabi parlano su questo all'unisono. E
usano l'identico linguaggio del 2008: “Per salvare e rilanciare la
compagnia, occorre un sacrificio dei lavoratori”. Il sacrificio
richiesto è meno esteso ma più pesante che nel 2008: migliaia di
lavoratori espulsi dall'azienda senza la copertura di ammortizzatori,
neppure ordinari. I lavoratori espulsi verrebbero consegnati
(“ricollocati”) ad agenzie del lavoro, che si occuperebbero del
loro “futuro”. Punto. E' il primo licenziamento di massa senza
neppure la parvenza di un paracadute. E' la prima sperimentazione sul
campo della riforma del mercato del lavoro intrapresa dal decreto
Poletti e annunciata dal Yob Act. Un fatto enorme e un precedente
devastante. In più i lavoratori sopravvissuti subirebbero una
ulteriore riduzione secca del proprio stipendio, mentre migliaia di
lavoratori cassaintegrati della vecchia Alitalia, già socialmente
umiliati e declassati, vedono scadere la propria residua cassa
integrazione..
LE
SINISTRE BALBUZIENTI O COMPLICI. OGGI COME IERI.
Come
nel 2008, le sinistre sindacali e politiche balbettano o sono
complici.
Allora
siglarono l'accordo capestro dei 10000 esuberi (CGIL, CISL, UIL) o si
rifiutarono di intraprendere una lotta dura e radicale contro di esso
giungendo a contrapporsi ad ogni processo di lotta a oltranza (SDL e,
sul piano politico, il PRC).
Oggi
ciò che resta delle sinistre politiche riformiste (SEL e PRC, in
altre faccende impegnate) si limita a “preoccupazioni”
platoniche, o si affida alla burocrazia CGIL. (Qualcuno ha udito la
voce sul tema ..della lista Tsipras?)
La
CGIL, ormai paralizzata su tutto il fronte, cerca di far quadrare il
cerchio: dissente sugli esuberi senza ammortizzatori, ma accetta il
taglio degli stipendi e un contratto nazionale umiliante. Nella
sostanza copre l'accordo fra governo e capitalisti, cercando di
salvarsi l'anima.
La
CISL, com'è tradizione, loda l'accordo nel nome della “difesa del
lavoro”(!), anche pensando al proprio ruolo di lobby nelle Poste.
La
UIL protesta formalmente contro il taglio degli stipendi (a “tutela”
simbolica di assistenti di volo e piloti, dove ha il grosso degli
iscritti) ma sigla l'accordo micidiale sui licenziamenti (che
riguardano prevalentemente il personale di terra).
Intanto
fa il suo esordio il Testo unico di Rappresentanza sindacale.
L'accordo
Alitalia è votato dal 26% dei lavoratori, la larga maggioranza non
partecipa. Ma la CGIL assicura che l'”accordo è passato” perchè
la maggioranza delle sigle l'ha siglato, e la maggioranza dei
lavoratori non ha detto “no”. Il governo e i capitalisti plaudono
alla responsabilità della CGIL. E' la migliore anticipazione della
funzione concreta del testo unico. Se ve ne era bisogno.
NO
ALL'ACCORDO ALITALIA, PER UN'ALTERNATIVA DI LOTTA
Come
nel 2008, il PCL si oppone alla svendita sindacale e politica del
lavoro in Alitalia. E a tutta la logica che sottende.
E'
necessario innanzitutto respingere l'accordo. Una firma sotto
quell'accordo, un avallo comunque espresso a quell'accordo, è un
colpo ulteriore non solo ai lavoratori Alitalia, ma a tutto il
movimento operaio.
Tutte
le sinistre politiche e sindacali si pronuncino con chiarezza contro
l'accordo e uniscano le proprie forze contro di esso. Si attivi
finalmente una mobilitazione unitaria fra i lavoratori Alitalia e del
trasporto aereo da parte di tutte le organizzazioni sindacali
contrarie all'accordo, superando logiche settarie e divisioni di
sigla. In ogni organizzazione sindacale di classe, e in ogni
categoria del mondo del lavoro, si denunci la natura e la funzione
pilota di questo accordo, attivando pronunciamenti,
controinformazione, battaglia politica e di massa.
Certo,
la situazione è più complicata che nel 2008. Pesa sui lavoratori
della compagnia la dura sconfitta di allora. Pesa il deterioramento
più generale dei rapporti di forza fra le classi di cui le direzioni
politiche e sindacali del movimento operaio portano la responsabilità
determinante. Ma proprio l'effetto domino che ogni sconfitta
racchiude dimostra la drammatica necessità di reagire. Di spezzare
la dinamica a spirale della discesa. Di preparare le condizioni di
una svolta. Pena una nuova precipitazione all'indietro. Questo è il
bivio che ogni terreno di scontro rilevante oggi pone. Questo è il
nuovo bivio dello scontro Alitalia. Il ruolo delle avanguardie di
lotta, ovunque collocate, è costruire questa consapevolezza fra i
lavoratori.
Ma
la reazione di lotta non basta. Nell'interesse stesso di questa lotta
di resistenza, occorre indicare una soluzione alternativa alla crisi
Alitalia. Che muova dalle ragioni del lavoro e del servizio pubblico,
non dall'interesse e dalla logica dei capitalisti.
LA
LOGICA DEI CAPITALISTI E QUELLA DEI LAVORATORI
“O
1000 esuberi, o 15000 esuberi, questa è la scelta” dichiara
testualmente Renzi. “Questa è la scelta” ripetono in coro, con
diverse tonalità, tutti gli attori della partita. Insomma: “i
licenziamenti sono obbligati, pochi o tanti scegliete voi, ma è la
legge del mercato. Se non capitolate, Etihad se ne va, e voi siete
tutti su una strada”. Questa è la logica comune, che punta alla
conquista del senso comune. Ed è naturale. Perchè tutti gli attori
della partita amministrano, con ruoli diversi, le leggi della società
del capitale.
Quelle
per cui il lavoro (il suo numero, la sua condizione, il suo costo..)
è solo la variabile degli interessi dei capitalisti: dell'interesse
o meno che hanno ad acquistarlo o a liquidarlo, del prezzo di mercato
che offrono. In questa società il lavoro è solo una merce nel mondo
delle merci: per i lavoratori (e i loro sindacati) si tratta
semplicemente di scegliere, nelle condizioni date, i propri
capitalisti acquirenti. E quando la crisi del mercato abbatte numeri
e condizioni di acquisto, occorre accettare la spiacevole legge di
natura. E rassegnarsi.
Una
sinistra classista e anticapitalista deve esattamente rovesciare
questa logica e l'organizzazione sociale che l'esprime. No. Non vi è
nessuna necessità “naturale” dei licenziamenti. Il principio
base di un'economia razionale deve essere la tutela del lavoro. Il
lavoro che c'è può essere ripartito fra tutti, a parità di paga,
in modo che nessuno sia privato del lavoro. I padroni che licenziano
possono essere licenziati, senza alcun indennizzo a carico della
collettività, ponendo le loro aziende sotto il controllo dei
lavoratori. I servizi pubblici che sono stati smantellati negli
ultimi 20 anni per essere svenduti ai capitalisti e abbandonati al
loro saccheggio, possono essere ripubblicizzati e posti sotto
controllo sociale, e dunque riorganizzati e rilanciati secondo
l'interesse della società.
NAZIONALIZZARE
LA COMPAGNIA E IL TRASPORTO AEREO, SOTTO IL CONTROLLO DEI LAVORATORI
Così
è per il mondo dei trasporti e per lo stesso trasporto aereo.
Nessuna
subordinazione al piano Renzi/Alitalia/Etihad! Nessun ricatto
dev'essere accettato! La compagnia Alitalia va finalmente
nazionalizzata senza alcun indennizzo per i suoi grandi azionisti, e
posta sotto il controllo dei lavoratori. L'intero trasporto aereo va
pubblicizzato, dentro un piano generale di riorganizzazione e
razionalizzazione del sistema dei trasporti.
Solo
questa soluzione può tutelare lavoro e lavoratori. Solo questa
soluzione può rispondere all'interesse generale a un trasporto
realmente efficiente, qualificato, razionale. Solo questa soluzione
può abbattere oltretutto l'enorme volume di sprechi connessi al
mercato del trasporto, alla sua concorrenza, frammentazione, gestione
burocratica.
Di
certo i lavoratori e i tecnici del trasporto aereo saprebbero
amministrarlo infinitamente meglio, in termini di professionalità e
di costi, di quanto non facciano gli azionisti privati parassiti che
giocano a monopoli sulla pelle dei lavoratori; o i loro
amministratori delegati dagli stipendi e liquidazioni d'oro, con il
codazzo inesauribile di mangiatoie, sperperi, tangenti.
Certo.
Battersi per questa soluzione significa contrapporsi alla società
capitalista per una alternativa di società. Per un governo dei
lavoratori, basato sulla loro organizzazione e sulla loro forza, che
faccia finalmente pulizia.
Ma una sinistra degna di questo nome o è rivoluzionaria o non è. O collega le lotte immediate a una prospettiva generale, o si riduce (nel migliore dei casi) ad uno spazio d'immagine, per di più residuale. In ogni caso inutile per i lavoratori e gli sfruttati.
Ma una sinistra degna di questo nome o è rivoluzionaria o non è. O collega le lotte immediate a una prospettiva generale, o si riduce (nel migliore dei casi) ad uno spazio d'immagine, per di più residuale. In ogni caso inutile per i lavoratori e gli sfruttati.
PARTITO
COMUNISTA DEI LAVORATORI