IL
LASCITO LIBERALE DI FAUSTO BERTINOTTI.
LA DISSOCIAZIONE IPOCRITA DEI SUOI VECCHI CORTIGIANI (SMEMORATI).
2 Settembre 2014
Fausto
Bertinotti ha coronato il proprio pensionamento politico proclamando
il “fallimento del comunismo”, la superiorità del liberalismo,
la grandiosità del Papato.
Sono
spunti ideologici che in forma più temperata il Fausto segretario
aveva da sempre coltivato. Il Fausto pensionato, libero da ogni
responsabilità, li ha resi solo più espliciti e più organici.
Avendo
sempre sovrapposto la propria storia personale a quella del partito
che dirigeva , del movimento operaio, in definitiva del mondo, era
inevitabile che la propria fine politica si configurasse ai suoi
occhi come la fine del mondo. Del suo mondo. E che un nuovo mondo di
riferimenti ideologici, culturali, persino metafisici e religiosi,
liberasse definitivamente il proprio volo nel suo pensiero.
Nessuna
sorpresa per la celebrazione borghese dell'evento. Nulla è più
appetibile per i salotti liberali - nel momento della massima crisi
del capitalismo - che l'iscrizione postuma di un ex segretario
“comunista”. E nulla può essere più efficace per tornare a
parlare in quei salotti che la “confessione” penitente delle
proprie colpe di “comunista”.
La
relazione di amorosi sensi tra Bertinotti e salotti è bilaterale e
non è nuova: unisce il Segretario al pensionato Fausto. Perchè
meravigliarsi, una volta tanto, di una coerenza?
Colpisce
invece un altro fatto. Che quando il Segretario Bertinotti dirigeva
il PRC , per lungo tempo da autentico Papa, la stragrande maggioranza
dei dirigenti del partito lo acclamava stringendosi alla sua corte e
demonizzando chiunque osasse opporsi. Quando il Segretario precipita
sotto le rovine della propria politica e diventa un anonimo
pensionato, i vecchi cardinali cortigiani fingono di non conoscerlo o
si accaniscono contro di lui. Magari per continuare a lucrare
politicamente sul poco che resta della sua (disastrosa) eredità, e
delle proprie (residue) fortune, connesse a quella eredità.
La
critica di Paolo Ferrero a Bertinotti è, sotto questo profilo,
emblematica.
FAUSTO
BERTINOTTI E PAOLO FERRERO: 14 ANNI DI FEDELTA' E SCHERZI DELLA
MEMORIA
Il
segretario Bertinotti ha una storia di 14 anni alla testa del PRC. In
14 anni non ha prodotto solo teorie balorde, tutte demolite
impietosamente dalla realtà ( il “movimento dei movimenti” quale
sostituto della classe operaia, la fine dell'imperialismo e degli
Stati nazionali, l'assimilazione di stalinismo e comunismo, la
celebrazione metafisica della non violenza..) , tutte suggestioni
devastanti per la stessa formazione intellettuale di una giovane
generazione d'avanguardia. All'ombra di quelle teorie Bertinotti ha
prodotto fatti, scelte politiche, concrete strategie che hanno
ciclicamente subordinato il PRC agli avversari dei lavoratori e ai
loro crimini sociali.
L'ingresso
nella maggioranza del primo governo Prodi ( 96/98) trascinò il voto
favorevole al lavoro interinale (pacchetto Treu), alla valanga di
privatizzazioni, ai tagli sociali per l'adesione all'Euro, ai campi
lager per i migranti (Legge Turco Napolitano sui CPT). L'ingresso nel
secondo governo Prodi (2006/2008) trascinò il voto favorevole alle
missioni di guerra, all'aumento delle spese militari, alla
detassazione massiccia dei profitti (l'Ires passò dal 34% al 27%!),
alla continuità della precarizzazione del lavoro (mantenimento della
legge 30).
Domanda:
dov'era Paolo Ferrero in quei.. 14 anni? Al fianco di Bertinotti. In
veste di massimo scudiero di Bertinotti e di tutte le sue “teorie”,
di massimo difensore delle sue peggiori scelte governiste contro la
sinistra del partito. La conquista del ministero degli Affari
sociali, in una maggioranza di governo che andava da Mastella a
Turigliatto, fu la contropartita di questa lunga compromissione e
fedeltà. Può Ferrero oggi rimuovere tutto ciò? Può considerare
(nel migliore dei casi) “errori”.. sulla via del socialismo i
voti alle politiche dell'imperialismo italiano?
Il
PRC non fu distrutto dalle “interviste” salottiere di Bertinotti
e neppure dalle sue “teorie”. Fu distrutto dalle politiche di
Bertinotti (e Ferrero). Dalla loro collaborazione con la borghesia
italiana contro le ragioni del lavoro e dei giovani. Interviste e
“teorie” furono solo la copertura ideologica di quelle politiche.
Che hanno privato il movimento operaio di un riferimento politico
indipendente proprio al piede di partenza della più grande crisi
economica e sociale del capitalismo del dopoguerra. E le cui
conseguenze, a cascata, sulla coscienza e sulle condizioni dei
lavoratori segnano non poco la situazione presente della lotta di
classe.
L'unico
soggetto che si oppose coerentemente a Bertinotti, che denunciò la
natura della sua politica, che previde il disastro che preparava, fu
l'opposizione interna al PRC di “Progetto Comunista”. Da cui
nacque nel 2006/2008 il Partito Comunista dei Lavoratori. Questa
verità può essere al più ignorata. Ma nessuno la potrà
cancellare.
L'”UNITA'
DEI COMUNISTI”: FUORI E CONTRO SOCIALDEMOCRAZIA E STALINISMO
Il
PCL lavora per unire i comunisti. Ma “unire i comunisti” ha un
senso progressivo e una prospettiva se la base dell'unità è il
programma comunista e i principi del comunismo rivoluzionario.
Diversamente l'unità è una truffa senza futuro, che oltretutto
prepara inevitabilmente nuove divisioni e frammentazioni. La vicenda
di Rifondazione in grande, quella di tante altre formazioni e
operazioni in piccolo (in ultimo Sinistra Critica e Rossa..) stanno
lì a dimostrarlo. “Unire i comunisti” nel nome di un simbolo, di
un puro richiamo di valori, o di mitologie movimentiste, significa in
realtà disperderli, e spesso tradirli. Se possibile in cambio di
ministeri. Altrimenti in cambio di assessori e alleanze di
Centrosinistra. Come quelle che il PRC di Ferrero tuttora preserva
ovunque può (dalla Liguria all'Umbria).
Allo
stesso modo non si possono “unire i comunisti” senza sciogliere
il nodo dello stalinismo. Chi oggi attacca Bertinotti e il suo
governismo sventolando la bandiera di Stalin non solo rimuove che fu
proprio lo stalinismo a legittimare la collaborazione ministeriale
con la borghesia liberale (contro la tradizione di Lenin e
dell'Ottobre), ma che nella stessa vicenda di Rifondazione la
corrente più governista fu proprio (guarda caso) quella di
estrazione stalinista. Da Cossutta a Diliberto a Rizzo: che dopo aver
nominato Bertinotti Segretario del PRC ('94), dopo aver votato tagli
sociali e precarizzazione del lavoro a fianco di Bertinotti , dopo
aver difeso Bertinotti ad ogni passo contro.. l'opposizione dei
“trotskisti”, giunsero a sostenere i bombardamenti su Belgrado
del governo D'Alema per salvaguardare il ministero di “Grazia e
Giustizia”. Salvo finire poi col dividersi tra loro, dopo anni,
nell'ora del naufragio. Chi inseguendo il ritorno nel centrosinistra,
come Diliberto. Chi finendo col celebrare come “socialismo” il
regime dinastico coreano di Kim il Sung -oggi esaltato da Razzi e
Salvini- come Marco Rizzo. Uno spettacolo degradante da piccoli
burocrati da fiera. Eredi di una grande tragedia, protagonisti di una
piccola farsa.
LA
COSTRUZIONE DEL PCL
Il
PCL si è costruito fuori e contro tutto questo. Contro la
socialdemocrazia, contro lo stalinismo, contro il triste cascame
delle loro tradizioni e delle loro truffe. Attorno a una morale di
classe e al programma del marxismo rivoluzionario: quello che
riconduce ogni lotta ad una alternativa di società e di potere in
cui siano i lavoratori a comandare; quello della rivoluzione sociale
e del governo dei lavoratori. Su questo programma e questi principi
lavoriamo a raggruppare forze, costruire organizzazione, selezionare
quadri, radicare presenza e intervento nei luoghi di lavoro e in ogni
movimento di resistenza sociale.
La
crisi storica del capitalismo, il fallimento del riformismo in ogni
sua variante, ripropongono più che mai la centralità della
costruzione del partito rivoluzionario e dell'internazionale
rivoluzionaria. Questa è la nostra impresa. Chiediamo a tutti i
comunisti onesti, a tutti i militanti d'avanguardia, quale che sia la
loro provenienza, di portare a questa impresa il proprio contributo.
PARTITO
COMUNISTA DEI LAVORATORI