LEGA LADRONA, LA CLASSE NON PERDONA
!!!
Manifestazione antifascista e antirazzista a Milano, Sabato 18 ottobre 2014
La
Lega ha rappresentato negli ultimi 20 anni una parte costituente
decisiva della Seconda Repubblica. Contro la sua
autorappresentazione propagandistica di partito “antisistema”,
la Lega ha costituito nei fatti uno strumento di governo
fondamentale della borghesia italiana contro i lavoratori.
Indipendentemente dalla mutevole collocazione parlamentare del
Carroccio, tutte le misure più reazionarie assunte dal grande
capitale e dai suoi governi contro il lavoro hanno avuto per decenni
la firma della Lega o il loro sostegno. La Lega ha infatti sostenuto
20 anni fa, dall'”opposizione”, la distruzione della scala mobile
dei salari (92/93). Ha varato, come partito di governo alleato del
centrosinistra, la controriforma contributiva della previdenza
pubblica (governo Dini '95). Ha gestito in prima persona, col
ministro Maroni e in alleanza con Berlusconi, le più gravi
misure di precarizzazione del lavoro di un intera generazione
(Legge 30, 2002). Ha infine gestito con l'ultimo governo del
Cavaliere la straordinaria stretta sociale contro la scuola
pubblica, la sanità pubblica, gli enti locali, in funzione
del pagamento degli interessi alle banche (finanziarie Tremonti
2008/9/10).
LA
MITOLOGIA PADANA: DIVERSIVO DELL'IMMAGINARIO E CALMIERE SOCIALE
La
capacità della Lega è stata quella di nascondere questo lavoro
reale agli occhi di grandi masse, dietro la maschera di una
mitologia immaginaria, ogni volta abilmente rinnovata. Sia al
proprio interno con la produzione artificiale del mito farlocco
della Padania e dei suoi riti, quale potente cemento
identitario del proprio campo militante. Sia nella proiezione
pubblica, con la sequenza propagandistica prima della
“Secessione” e poi del “Federalismo”: ogni volta
spostando in avanti l'orizzonte della Terra Promessa agli occhi di
vasti settori di popolo, per aiutarlo a sublimare le proprie
delusioni nel presente. La guerra della Lega ai migranti, col suo
carico di cinismo, di crimini e di orrori, sta in questo quadro: è
stata ed è la volontà di dirottare il malcontento sociale di ampi
strati popolari- prodotto della crisi e delle politiche dominanti-
contro le fasce più marginali del proletariato e delle masse
oppresse, riprodotte e allargate da quelle stesse politiche e dalla
crisi capitalistica internazionale. Anche qui la “cacciata dei
migranti” all'insegna del motto “padroni in casa nostra” viene
rappresentata come mito liberatorio: un altro giardino dell'Eden, da
coltivare e innaffiare col veleno quotidiano della Xenofobia,
per farlo fruttare nell'urna. E al tempo stesso un altro
prezioso diversivo dell'immaginario, un altro potente calmiere
sociale, in funzione della conservazione dell'ordine borghese e della
sua miseria.
LO
SCANDALO LEGA: UN PARTITO BORGHESE “COME GLI ALTRI”
Lo
scandalo che ha investito la Lega ha segnato un indubbio salto di
qualità. Perchè è stato una vendetta liberatoria della verità
sul mito. Lo scandalo è stato innanzitutto la radiografia
della miseria morale del massimo entourage dirigente della
Lega: un impasto di familismo, nepotismo, affarismo, col
contorno di ruberie, truffe penose e cartomanzie esoteriche.
L'affresco ambientale è impietoso. Umberto Bossi, ex ministro delle
“riforme istituzionali”(!), appare nelle vesti di protettore
e garante di un figlio grullo e rampante, di una moglie
avida e spregiudicata, di un tesoriere faccendiere già
buttafuori. Mentre l'ex vicepresidente del Senato (Rosi
Mauro), già improbabile sindacalista, emerge col volto di una
fattucchiera parassita e ricattatrice. “Padroni a casa nostra”
recitava lo slogan: ma pochi avevano pensato che la “casa”
fosse quella di Bossi e dei suoi famigliari. Che di
(cerchio) “magico” ha davvero assai poco. Al tempo stesso lo
scandalo va ben al di là del familismo privato di casa Gemonio.
Getta un fascio di luce più ampio sulle relazioni materiali
del leghismo con gli ambienti del capitale: la pista Belsito
porta in Fincantieri, porta in Vaticano, porta alle cosche della
‘ndrangheta calabrese, porta nei paradisi fiscali del riciclaggio
internazionale. Non si tratta della personale spregiudicatezza di una
“mela marcia”, peraltro da tutti tollerata e coperta sino
all'esplosione dello scandalo. Si tratta dell'anatomia di un partito
borghese “come gli altri”. Come gli altri, crocevia di guerra
di cordate e di affari. Belsito è stato solo l'antropologia
della Lega, quale ordinario partito borghese. Ma proprio
l'apparire “un partito come gli altri” agli occhi di chi lo aveva
immaginato “diverso” ha costituito per la Lega, più che per
altri, un vero problema politico. Un partito che ha vissuto
sulla falsificazione della propria realtà, che ha costruito
il proprio mito su quella falsificazione, non può sottrarsi
al processo della verità. Che può essere ben più severo di
quello della magistratura.
IL
NUOVO CORSO DI SALVINI
La
crisi della Lega è terminata grazie alla linea Salvini e alla sua
leadership che gli sta facendo cambiare pelle nel panorama della
politica italiana. Andando incontro al sentimento di larghe
masse che si sentono oppresse dalla “Merkel” e dalla
“Troika”, la Lega fa finta di abbandonare l’idea di
rappresentare i “Padani” contro “Roma Ladrona” e abbraccia il
pensiero di difendere l’Italia e la sua indipendenza monetaria
(Lira) per rilanciarsi politicamente in tutto il paese. Da ciò
nasce la necessità dell’ex leader dei “Comunisti Padani”
di tessere rapporti con CasaPound e con Fratelli d’Italia,
coi quali condivide il sogno di un Front National italiano. Allo
stesso tempo rilancia una propaganda martellante sugli
immigrati che “invadono” l’Italia come in una versione
moderna dei corsari saraceni, che quando sopravvivono “alla
traversata” costano agli onesti italiani che pagano le tasse
il doppio di un poliziotto, visto che “alloggiano gratis in
alberghi di lusso” (come racconta Libero), e non invece nei lager
giuridicamente chiamati CIE. Infine punta a recuperare i voti
di larghe masse, proletarie e sottoproletarie, con il
referendum contro la “Riforma Fornero”, dimenticandosi che
questa riforma riprende e approfondisce lo “scalone Maroni” (che
nel tempo prevedeva gli stessi tagli), ma contemporaneamente ne
difende le misure relative al mercato del lavoro e l’attacco
all’articolo 18, per riportare a casa i voti della piccola
borghesia imprenditoriale che era “emigrata” verso Grillo.
IL
MOVIMENTO OPERAIO SI OPPONGA ALLA LEGA E ALLE SUE PAROLE D’ORDINE
Per
arrestare questo progetto politico è necessaria l’irruzione nella
politica italiana del movimento operaio e delle sue rivendicazioni,
che sono opposte alle ragioni della Lega Nord. Tutta la propaganda
sull’Italia e la Germania, la Lira e l’Euro va rigettata come
menzogna speculatrice; l’Italia non è un paese dipendente
come la Grecia, ma la settima
potenza
imperialista del mondo e il principale nemico in casa nostra sono
Renzi e la Confindustria. I lavoratori italiani non si devono
subordinare al capitalismo italiano contro quello tedesco, ma lottare
contro il capitalismo italiano che è il modo migliore per aiutare
i lavoratori tedeschi contro i loro padroni. Per quanto
riguarda il ritorno alla Lira, la svalutazione collegata a
ciò, porterebbe ai lavoratori un drammatico calo del salario
reale, tanto più che in una situazione di crisi profonda
come quella che stiamo vivendo, avrebbe effetti devastanti
per tutti i lavoratori e i pensionati. Quando la Lega e
populisti vari accusano gli immigrati della povertà e della
disoccupazione, bisogna rispondere che questi fenomeni sono causati
dalla crisi del capitale e dalla sete di profitti che porta gli
industriali ad investire in Paesi dove la classe operaia ha stipendi
bassi e orari elevati e dove lo stato tassa poco, sia il lavoro che i
profitti, vista la mancanza dei costi del welfare. Per
questo bisogna rivendicare la riduzione dell’orario di
lavoro a parità di salario per contrapporre alla politica di guerra
tra poveri, la lotta della classe lavoratrice, italiana e immigrata,
contro la borghesia, italiana ed estera, e la nazionalizzazione sotto
controllo operaio di tutte le aziende che licenziano e delocalizzano.
Solo questa strada rederà possibile riunificare il fronte di lotta
tra lavoratori indigeni e immigrati.
UNA
SINISTRA RIVOLUZIONARIA PER UN FUTURO ALTERNATIVO
Le
fortune della Lega negli ultimi 20 anni sono state direttamente
proporzionali alla crisi della classe operaia italiana, per
responsabilità preminente delle sue direzioni. Se la rabbia
di alcuni settori proletari del settentrione è stata
ripetutamente capitalizzata dalle mistificazioni della Lega, ciò è
avvenuto anche in ragione della subordinazione delle sinistre
politiche e sindacali al grande capitale. Se oggi la Lega conserva
nonostante tutto uno spazio potenziale di recupero negli strati
popolari e in ragione alla sua opposizione al governo Renzi
e alla mancata risposta del movimento operaio al nuovo
livello di scontro di classe imposto dal governo e dal
padronato. Ma questa svolta richiede una nuova direzione politica
e sindacale del movimento operaio italiano. Non una burocrazia
dirigente della CGIL e della Fiom che si limita a manifestare di
sabato contro il governo ma senza sciopero. Non le cosiddette
sinistre “radicali” (da SEL a PRC) che annullano l’opposizione
al governo in speranza di un futuro ritorno a casa del
centrosinistra. E neppure un antagonismo inconcludente senza
progetto (dai centri sociali a sindacati di base) che punta solo
alla coltivazione del proprio orticello. Ma una sinistra
rivoluzionaria,che non abbia altro interesse che la difesa del
lavoro e la rivoluzione sociale e per questo proponga la
più ampia e unitaria mobilitazione contro il governo che tolga
l’erba sotto i piedi per i populismi sia in salsa Grillo che in
salsa Salvini.
PARTITO
COMUNISTA DEI LAVORATORI
Sez.
PCL Milano