A ROMA
IL VOLTO DELLA NORMALITA' DEL CAPITALISMO
4
Dicembre 2014
“Mafia
a Roma”. Così il commentario politico borghese progressista e lo
stesso grillismo inquadrano e denunciano il malaffare criminale
emerso nell'Urbe. E' una rappresentazione falsa. Il malaffare non è
una patologia mafiosa. E connaturato alla natura stessa del
capitalismo e alla legge del profitto su cui si fonda. Per questo è
trasversale a tutti i partiti che lo governano, sul piano nazionale e
locale, come a tutti gli apparati statali che lo presidiano. Il
“caso” di Roma non è forse una brillante cartina di tornasole di
questa verità? La banda di Carminati (ex fascista) e Buzzi (di area
PD) è la metafora ordinaria della società borghese. Consorterie di
ogni colore gestiscono, secondo un accordo di cartello, la grande
torta degli appalti pubblici: appalti per la gestione dei rifiuti,
appalti per la rimozione delle foglie, appalti per l'accoglienza dei
migranti e dei rifugiati. A questo fine promuovono la corruzione
scientifica e pianificata di assessori interessati, dirigenti di
partito, funzionari pubblici, assumendoli a proprio servizio con
regolare stipendio e un preciso tariffario. Tengono e oliano le
relazioni con le rispettive organizzazioni nazionali di riferimento
(Buzzi, re delle cooperative sociali, a cena di “ringraziamento”con
Poletti allora presidente della Lega delle Coop, oggi ministro contro
il lavoro). Piazzano uomini loro ai tavoli istituzionali locali e
nazionali preposti alla spartizione milionaria (come Odevaine al
tavolo di coordinamento nazionale per l'emergenza migranti).
Dispongono di complicità e coperture nei corpi di polizia (da cui
ricevono segnalazioni e avvisi). Si assicurano la continuità del
proprio potere al di là dei cambi politici nazionali e locali: e
infatti nessun cambio politico di governo nazionale o amministrazione
locale ha scalfito negli anni l'accordo di cartello delle
consorterie. Il “mondo di mezzo” che Carminati vanta è questo.
In termini borgatari e nazional popolari descrive l'onnipresenza
della dittatura del profitto. La sua trasversalità ad ogni partito
borghese. La sua insensibilità alle mutevoli forme politiche del
governo della cosa pubblica. La sua superiorità agli equilibri
politici contingenti. Il mondo di mezzo occupa per definizione il
centro della scena. E' il potere degli interessi capitalisti. Ogni
altro potere è permeabile al profumo dei soldi, quindi è
subordinabile al “mondo di mezzo”. Uomini e partiti di governo
sono agenti dei suoi interessi e membri del suo comitato d'affari.
Tutto ciò significa che tutti i politici borghesi sono personalmente
e direttamente corrotti, o che una specifica cordata di interessi
capitalisti sia onnipotente? No. Altrimenti non si spiegherebbero
neppure le periodiche incursioni della magistratura borghese, e
dunque gli arresti in atto. In realtà il mondo capitalista e il suo
stato vivono e riproducono al proprio interno un'infinita guerra per
bande e cordate, perennemente mutevoli, scomponibili e ricomponibili
ogni volta. L'anarchia dell'economia capitalista è anche l'anarchia
della vita politica borghese. Da qui le innumerevoli contraddizioni e
i loro ciclici risvolti, anche giudiziari (P2, Tangentopoli, ..)
Poichè lo Stato rappresenta l'interesse generale della borghesia, al
di là dell'interesse delle diverse cordate che popolano la sua
scena, esso puo' intervenire di volta in volta contro specifici
interessi borghesi, nell'interesse stesso del capitale. E questo
accade a maggior ragione nelle fasi di crisi, rottura, transizione
fra diverse forme ed equilibri istituzionali. Ma nessun
giustizialismo può debellare la piaga della corruzione e della
criminalità borghese. Pérchè la sua radice sta nel capitale, che è
il terreno che rigenera la pianta. La storia delle grandi inchieste
giudiziarie contro criminalità e corruzione, dalla P2 a Tangentopoli
per arrivare a Mose ed Expo, è la storia del fallimento (e
dell'ipocrisia) dello stato borghese di fronte alla corruzione
borghese. Di più. La seconda Repubblica, nata da Tangentopoli, con
l'annuncio di una nuova era di pubblica moralità si è rivelata una
fogna ben più maleodorante della prima. Le politiche di
liberalizzazione, esternalizzazione, privatizzazione, hanno allargato
enormemente il mercato della guerra per bande nella borghesia per la
spartizione degli appalti. Mentre la disgregazione dei vecchi partiti
e la personalizzazione della politica borghese ha esteso a dismisura
il mercato della corruzione politica, moltiplicando clan e potentati,
nazionali e locali, in ogni settore. La crisi capitalista ha fatto il
resto. Ovunque corruzione e criminalità affaristica segnano oggi più
che mai la normalità del capitalismo, e la sua eterna lotta per il
massimo saggio di profitto. Significa allora che i comunisti sono
indifferenti di fronte al fenomeno del malaffare? Al contrario. La
lotta al malaffare, se non vuol essere truffa elettoralista, deve
risolversi in una lotta al capitalismo e al suo Stato. Contro tutte
le demagogie arruffone che di volta in volta ogni inchiesta
giudiziaria alimenta. Con buona pace di Grillo, non c'è “ Mafia
capitale” (Roma). C'è, se vogliamo, la mafia del capitale. Non c'è
una società sana da cui debellare una patologia. C'è una società
marcia perchè dominata dal profitto, da rimpiazzare con un'altra
società, che ne sia liberata.
Da qui il nostro
orientamento sul “caso” Roma:
-Denuciamo la spazzatura
morale di chi si mobilitava in città contro “i migranti”,
investendo nella guerra fra poveri, nel momento stesso in cui
inzuppava il pane nel “business della immigrazione”, contro i
migranti e contro i proletari italiani.
-Denunciamo
l'immondezzaio delle cosiddette cooperative sociali, luogo di
sfruttamento di manodopera precarizzata, e mangiatoia di corruzione e
di risorse pubbliche (sottratte a servizi pubblici smantellati da
politici amici).
-Rivendichiamo la
pubblicizzazione sotto controllo operaio e popolare di tutti i
servizi (rifiuti, trasporti, assistenza) cancellando quelle misure di
loro privatizzazione ed esternalizzazione che hanno degradato i
quartieri della città e alimentato la corruzione.
-Chiediamo a Sinistra e
Libertà di uscire immediatamente dalla giunta capitolina e di
rompere ogni rapporto col PD, partito degli affari e antioperaio.
Solo una rottura con la
borghesia e i suoi governi può creare le condizioni di
un'alternativa di società. Solo un governo dei lavoratori, ad ogni
livello, può fare piazza pulita del malaffare.
PARTITO
COMUNISTA DEI LAVORATORI