LA LOTTA CONTRO LA BUONA
SCUOLA DI RENZI E PD - Vietato fermarsi. Vietato
indietreggiare.
La lotta contro la "Buona scuola" entra in questi giorni e in queste
ore nella sua fase decisiva. Le settimane di mobilitazione che si sono aperte
con gli scioperi del 24 aprile e soprattutto del 5 maggio sono state la
migliore risposta possibile che potesse partire dalle scuole, e la migliore
risposta all'immobilismo e all'ipocrisia di tanti. Lo sciopero degli
scrutini, ancora in corso dall'inizio di questa settimana, sta registrando
un'adesione massiccia, con punte del 90%, ben oltre i soli docenti
sindacalizzati.
È poi arrivata un'inattesa bocciatura sulla costituzionalità del ddl, in Commissione
al Senato, segno che persino nel Palazzo c'è chi sembra essere sfiorato da
qualche riserva nel propinare la sbobba rancida della "Buona scuola"
così com'è, sapendo dell'accoglienza finora riservata e consapevoli
dell'inevitabile rischio di aumentare ulteriormente il rifiuto e la resistenza
che si stanno oggi manifestando.
Ma la vera risposta alla "Morta scuola" di Renzi e compagnia non
arriverà certo dal Palazzo, e neppure da chi dentro il Parlamento sembra essere
più consapevole degli altri del terremoto che rischia di sorprendere l'allegra
e scanzonata maggioranza renziana, e che per questo finge abilmente di voler
interloquire e garantire "aperture". La vera risposta può arrivare
solamente da quelle centinaia di migliaia di insegnanti che si sono attivati in
questo mese e che continuano a farlo, nonostante tutto e tutti.
Nonostante le burocrazie sindacali, che hanno prima ignorato e poi tentato
in mille modi di frenare l'esplosione della mobilitazione, il cui innesco,
infatti, si è rivelato fin dall'inizio essere totalmente autonomo tanto dalle
dinamiche d'apparato dei sindacati quanto dalle tendenze al compromesso e alle
sponde negoziali. E che in questo modo è stata in grado - si prenda nota - di
imporre al corpaccione inerte e inerme dei sindacati sia lo sciopero del 5 sia
il percorso di agitazione che ne è seguito (iniziative sul territorio e nelle
scuole, boicottaggio Invalsi, ecc.).
Nonostante l'accidia riformista e il suo logoro copione, secondo il quale i
lavoratori non sono mai pronti per reagire; e se lo sono, la reazione è per
forza di cose limitata e inefficace; e se non lo è, è bene che non si spinga
troppo oltre (perché non si sa mai, per carità...). Questa storiella, che
è poi la stessa che ci sentiamo raccontare lagnosamente da anni riguardo a
tutto, è stata smentita esemplarmente proprio dalla lotta contro la "Buona
scuola", che ha indicato una volta di più - ce ne fosse ancora bisogno -
che non c'è scrupolo "compatibilista" che tenga, quando i diritti e
gli interessi dei lavoratori vengono calpestati. Con buona pace dei riformisti.
Ma anche nonostante i tanti che, pur teoricamente convinti della necessità
e dalla possibilità di lottare contro il ddl e il governo Renzi, si rifiutano
di prendere in considerazione che lo si debba fare duramente e implacabilmente,
quanto più dura e implacabile è l'aggressione da parte del governo. Secondo il
loro modo di pensare - che vorrebbe la situazione perennemente segnata
dall'ineluttabilità della nostra sconfitta e dall'inevitabilità della vittoria
del nemico di classe - è sempre troppo tardi per mettere in campo uno scontro
vero, perché "l'opposizione va costruita senza fretta, senza
proclami", perché "occorre partire dal basso", perché
"bisogna fare un passo alla volta", "coinvolgere i lavoratori",
ecc. ecc. Ma quando poi si tratta, nella pratica e non solamente nelle
intenzioni, di "costruire" e di "partire dal basso"...
costoro invocano la "situazione oggettiva" sfavorevole e i
"rapporti di forza" avversi. Finendo così per trincerarsi dietro una
passività di fatto che non fa fare un solo passo in avanti né alla lotta né
alla situazione oggettiva da essi evocata. Ecco, la mobilitazione della
scuola ha mandato in frantumi anche questo impotente circolo vizioso,
costringendo tutti a fare i conti con una realtà del mondo del lavoro meno
pacificata e apatica di quanto possa sembrare.
La risposta c'è stata, dunque, pur nei tanti limiti che si sono imposti.
Quella che abbiamo visto è stata una mobilitazione capillare, scuola per
scuola, dalle grandi città al più piccolo e isolato dei comuni. Questa
capillarità è stata il riflesso di un'opposizione alla "Buona scuola"
molto più cosciente e significativa di quella espressa da una pur importante e
ampia lotta sindacale: è stata la prima manifestazione di opposizione politica
di massa al governo Renzi e alle sue politiche reazionarie, non solo in tema di
scuola.
Ed è quindi a questo livello, e consapevoli di questo spessore politico, che la lotta va assunta e rilanciata. È necessario non solo aderire ed essere in sintonia con lo spirito di combattività dimostrato da centinaia di migliaia di insegnanti, ma trasformarlo in carburante di un grande movimento di opposizione politica e sociale generale a governo e padroni, che sappia mettere insieme i molti altri settori lavorativi e sociali già in lotta e mobilitare chi ancora non lo è, sulla base dei bisogni e delle esigenze che accomunano la stragrande maggioranza dei lavoratori, dei disoccupati e dei giovani italiani, e a partire da un programma che le saldi e le faccia valere in tutta la loro potenzialità trainante e unificante: un programma rivoluzionario. La lotta contro la "Buona scuola" ha causato una prima importantissima crepa della fase renziana e del suo assetto di potere. Grazie alle sue dimensioni e alla sua radicalità, quella crepa può diventare una voragine.
Ed è quindi a questo livello, e consapevoli di questo spessore politico, che la lotta va assunta e rilanciata. È necessario non solo aderire ed essere in sintonia con lo spirito di combattività dimostrato da centinaia di migliaia di insegnanti, ma trasformarlo in carburante di un grande movimento di opposizione politica e sociale generale a governo e padroni, che sappia mettere insieme i molti altri settori lavorativi e sociali già in lotta e mobilitare chi ancora non lo è, sulla base dei bisogni e delle esigenze che accomunano la stragrande maggioranza dei lavoratori, dei disoccupati e dei giovani italiani, e a partire da un programma che le saldi e le faccia valere in tutta la loro potenzialità trainante e unificante: un programma rivoluzionario. La lotta contro la "Buona scuola" ha causato una prima importantissima crepa della fase renziana e del suo assetto di potere. Grazie alle sue dimensioni e alla sua radicalità, quella crepa può diventare una voragine.
Nella primavera del 1965, in pieno "centrosinistra storico",
l'allora Ministro dell'Istruzione Luigi Gui presentò un piano di riforma
universitaria di impianto conservatore e corporativo, che tentava di
"difendere" l'università dalla scolarizzazione di massa trincerandola
dietro una gerarchizzazione feudale e dequalificante. Contro la riforma si
levarono fin da subito studenti e insegnanti, mettendone in discussione il
soprattutto il portato politico. Il fervore della contestazione, che continuò
nell'autunno del '65, andrà a fermentare velocemente e inevitabilmente un
contesto e un clima che avrebbero condotto di lì a poco alla grande esplosione
del 1968. Far sì che l'autunno del 2015 riservi a Renzi e Giannini
qualche piacevole sorpresa è il modo migliore per rievocare, a cinquant'anni di
distanza, gli auspici del lontano autunno '65.
PARTITO COMUNISTA DEI LAVORATORI - Commissione scuola e università